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  1. .

    Fine e Inizio


    Post 5 ~ Prova

    Di domande in effetti Harumi ne aveva, ma davanti alla provocazione dell'amministratore rimase in silenzio, come la maggior parte degli astanti, per i successivi secondi. Scoprire che si trattava di una macchinazione, piuttosto complicata e superflua, architettata dallo Yakushi per togliersi più di una preoccupazione dalla coscienza, a partire dal poter finalmente scaricare su qualcun altro il gravoso compito di gestire tutta la baracca, non lasciò esattamente indifferente la giovane jinchuriki, ma al contempo neanche la stravolse. Lei era una delle ultime arrivate ad Oto, il luogo che l'aveva accolta, e non poteva sapere cosa era meglio per il Villaggio. Ma una cosa la sapeva: Diogene era la scelta giusta. E, visto che si parlava del diavolo, eccolo comparire, in tutta la sua maestosa, terrificante potenza. Il Mikawa dette sfoggio delle sue innegabili capacità, mettendo facilmente in ombra anche l'apparizione pirotecnica dell'amministratore. Davanti alla marea di sangue, alta quanto un palazzo, la giovane rimase impietrita, talmente stupefatta da dimenticarsi perfino di farsi prendere dal panico. Quando si riebbe, spostò lo sguardo intorno alla ricerca di un riparo, o di un luogo abbastanza alto, uno scoglio da aggrapparsi per resistere alla tempesta, ma nel cercarlo si accorse di come la calma regnasse tra i suoi compagni della Villa. Fu allora che realizzò, abbandonandosi ella stessa allo scorrere degli eventi, certa che sarebbe andato tutto bene. Egli era giunto, l'attesa era finita. Il Kokage era tornato.

    L'evento a cui Harumi assistette quel giorno sarebbe stato narrato nei secoli a venire, e in molti negli anni avrebbero dubitato perfino che fosse mai accaduto. Non capitava certo tutti i giorni di vedere Febh Yakushi, universalmente riconosciuto come uno degli uomini più potenti, e strani, del continente, piegare spontaneamente la testa di fronte a qualcuno. Neanche se questo qualcuno era Diogene Mikawa, il colosso, la colonna portante del Suono. Ma quello era solo l'inizio di una giornata destinata a rimanere negli annali.

    Molte delle parole pronunciate con apparente leggerezza dal jonin rinunciatario delle carica di amministratore per la fanciulla volevano dire poco o niente, come il nome di Indra o la faccenda dei cloni. Nell'osservare la sua copia, ad Harumi parve solo di rimirarsi allo specchio, domandandosi se i suoi capelli visti da fuori fossero proprio così, e resistendo a mala pena alla tentazione di sistemarseli, nella speranza che l'altra sé replicasse i suoi movimenti come in un riflesso. Tuttavia la sua attenzione fu attratta irresistibilmente dal novello capovillaggio, il quale diede agli astanti un assaggio del potere che gli aspettava, se solo avessero avuto il coraggio di allungare la mano per afferrarlo. Harumi deglutì, colta alla sprovvista. Non desiderava abbastanza ardentemente il potere, come alcuni dei presenti, da farsi avanti. Un'altra cosa però poteva spingerla a mettersi alla prova, a rischiare la sua vita. La ragazzina, lentamente, fece un passo in avanti, avvicinandosi al Mikawa. Nel passare di fianco ad Eiatsu ne sfiorò appena la veste, quasi casualmente, e socchiuse gli occhi, in una muta preghiera rivolta al vuoto, perché nella sua miserabile vita mai nessuna divinità l'aveva ascoltata. Infine, si fermò di fronte all'imponente capoclan, che nella sua forma mostruosa la sovrastava di diverse spanne, fissandolo in viso con espressione ferma, ma al contempo tranquilla, con un vago sorriso che si estendeva tra le labbra e gli occhi.

    Se è per il bene del Villaggio.
    Se è per poter continuare a rimanere al vostro fianco.
    Io... Posso farlo.

    Una sì pesante, poche brevi frasi pregne di significato. Una bambina che era diventata grande troppo in fretta, travolta dalla morte e dalla disperazione, al punto di non temere più la prima e di accogliere la seconda come una vecchia amica. Che già quel giorno aveva rimesso il suo destino nelle mani di qualcun altro, affidandosi ad Eiatsu fino alle estreme conseguenze in caso ce ne fosse stato bisogno. Obbediente a chi le aveva dato un posto, un nome e un possibile, ambito, futuro, mostrandole per la prima volta dopo un'intera vita che, forse, non era venuta al mondo per nulla. Con delicatezza, lasciò scivolare delicatamente una spalla del vestito, scoprendo il collo e parte della schiena, mentre con il braccio si copriva pudicamente il petto. Mentre le dita del Kokage penetravano la pelle di un bianco immacolato poco sopra la scapola sinistra, Harumi strinse i denti fino a sentire il sapore metallico del sangue per non emettere alcun un gemito e rimase immobile sul posto senza vacillare, nonostante l'intero suo corpo tremasse come una foglia sbattuta dal vento. Il procedimento fu estremamente doloroso, nonostante la precisione chirurgica del Mikawa, ma in confronto a ciò che la aspettava fu poco più di una carezza.

    Buio.
    Vuoto.
    Silenzio.

    Nulla.
    Ancora nulla.
    Attesa snervante.

    Infine, sipario che si alza.


    In scena è presente una ragazzina dal volto smagrito coperto di fuliggine e vestita da serva con abiti logori, un fazzoletto annerito a fermarle i capelli corvini, un grembiule rabberciato in più punti con toppe scolorite. Il fondale rappresenta la stanza di una dimora nobiliare, ma abbandonata da lungo tempo, completamente in rovina. Nient'altro che ragnatele e mobilio scassato, come lo specchio dall'aria antica, sbilenco ed incrinato. E proprio davanti ad esso la ragazzina, china per terra, passa inutilmente uno straccio sporco sul pavimento, senza che la macchia davanti a lei accenni a sparire. Avanti e indietro, avanti indietro, senza fine, senza risultato, senza scopo. Una condanna come quella di Sisifo, inflitta alla serva abbandonata, per espiare le sue colpe. Una pena eterna, che durerà fino a che la chiazza di sangue di fronte a lei non sarà scomparsa. La ragazza passa il panno ancora, e ancora. Da quanto sia lì ormai l'ha dimenticato, per quanto dovrà rimanere lì sfugge alla sua mente. Sa solo che deve continuare.

    Eppure, all'improvviso un suono, ed ella alza la testa dopo quella che poteva essere benissimo un secondo oppure tutta l'eternità. Un'ombra è entrata in scena, una figura indistinta, dai lineamenti cangianti, e si è fermata proprio davanti a lei. La ragazza, prostata ai suoi piedi, leva gli occhi in alto e fissa la persona dai mille e nessun volto. L'unico punto che riesce a mettere a fuoco con certezza sono le sue pupille, più profonde dell'abisso, che l'attraggono irresistibilmente a sé, come un buco nero che distorce lo stesso tessuto del tempo e dello spazio, la irretiscono, ed infine vi ci si perde irrimediabilmente. E allora, solo per il tempo di un battito di ciglia, lo specchio restituisce l'immagine riflessa di Harumi.

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    Una mano tesa. Non era servito altro alla piccola anima sperduta per rialzarsi e rimettersi in cammino. Il tiepido contatto con quella mano era stato sufficiente per sciogliere il suo spirito congelato. Una semplice frase le aveva procurato più gioia di quanto pensasse di poterne provare in una vita intera, molta di più di quanto credeva fosse per lei lecito riceverne.

    C'è posto anche per te.

    Lei aveva creduto in quelle parole.

    E finalmente l'aveva trovato.
    Un luogo da poter chiamare casa.

    E finalmente le aveva trovate.
    Delle persone da poter chiamare amici.

    La giovane accenna ad un sorriso, per la prima volta dopo una vita, ma dai piedi del palco si leva una risata carica di cieca malvagità. L'eco di quel ghignare diabolico si diffonde all'intorno, come originato ovunque e in nessun luogo. Il volto della ragazza si fa pallido, gli occhi sgranati, la bocca socchiusa per lo sgomento.

    Le luci si spengono, cala il sipario.

    La stanza intorno a lei è completamente vuota, fatta eccezione per la sedia su cui si trova. Le pareti sono di vetro, così come il soffitto, al contempo vicine e talmente lontane da essere irraggiungibili. Ogni lato di quel cubo, a tratti concavo e a tratti convesso, riflette la figura della ragazza da una diversa prospettiva. Ma dopo un attimo si rende conto che le repliche non sono immagini speculari, ma piuttosto copie di se stessa che l'osservano in silenzio. Prima che se ne accorga, dal pavimento hanno preso a levarsi piccole bolle come di sapone, che fluttuano a mezz'aria tutt'intorno a lei. Al loro interno si muovono delle persone dai volti familiari. Sono scene della sua vita, del suo passato. Allunga la mano verso quella che racchiude il suo arrivo ad Oto, la prima volta che i suoi occhi si posarono sul cancello del Suono. Non appena l'estremità del dito la sfiora, la bolla esplode, e in una reazione a catena sempre più veloce una dopo l'altra tutte le altre la seguono, in una cacofonia assordante, finché la stessa scatola in cui è contenuta la ragazza si spalanca, con le pareti, il soffitto e il pavimento che si allontanano di colpo in direzioni opposte.

    Ed Harumi precipita, nel buio.

    Il prato su cui apre gli occhi la ragazza è bianco. All'apparenza potrebbe sembrare coperto di neve, ma non è così. Semplicemente, ogni cosa è stata privata del suo colore, fino a quanto non ne è rimasto nessuna traccia. E si estende a perdita d'occhio, contro un cielo altrettanto privo di profondità, di spessore. Finto. Morto. Una alla volta, simili a nebbia, si condensano una, dieci, cento sagome dai tratti umanoidi a circondarla. Con difficoltà, la giovane si alza. Le gambe le cedono sotto il peso di una fatica immotivata. La testa pesante le gira, ma avanza verso l'ombra più vicina. Che a sua volta si volta verso di lei mentre prende forma. Una donna dall'aspetto leggiadro che le somiglia molto. Il suo è un viso che ha visto solo nei suoi ricordi: quello di sua madre.

    Vorrei che non fossi mai nata.

    Parole pesanti come macigni, un pugno allo stomaco in grado di mandarla al tappeto. La ragazza indietreggia, mentre il fantasma segue scivolando sul terreno.

    Non sarei stata cacciata di casa. Non avrei perso tutto. Ora sarei ancora VIVA.

    No... no...

    Decine di sagome indistinte fluttuano a pochi centimetri dal suo corpo, sussurrando parole appena intellegibili. E nel farlo diventano più consistenti per alcuni istanti, piccoli particolari diventano riconoscibili, le voci più chiare. Sono gli abitanti del piccolo villaggio dove è cresciuta, orfana, accolta da due generosi anziani. Le stesse persone che la temevano, tenendola a distanza, come emissaria della mala sorte, fino al punto supremo di condannarla alla più alta delle pene, alla più terribile delle morti. Una purificazione rituale attraverso la fiamma. Gli spettri la inseguono, impietosi, incuranti del suo terrore, del suo dolore.

    Ti abbiamo aperto la nostra casa...e tu ci hai portato la morte!

    Hai gettato su di noi la malasorte, strega!

    Brucia, oni!


    Arretrando, un'altra figura le si fa incontro alle sue spalle. La sua salvatrice, Kairi. La kunoichi che le aveva dato un futuro, lontano da quell'incubo a cui ormai si era rassegnata.

    Avrei dovuto lasciarti morire. Sei un mostro.

    La ragazza si guarda intorno, cercando una via di fuga che non c'è.

    Mi pento di averti salvata.

    Inizia a correre, veloce, più veloce che può. Ma le ombre sono sempre di fianco a lei.

    Quella di Febh, l'amministratore del Suono che l'accolse al Villaggio.

    Quando ho accettato la tua candidatura scherzavo, non hai capito che era una battuta? Non potresti mai essere una kunoichi di Oto. Andiamo, è ridicolo anche solo il pensiero, guardati!

    Quella di Kato, a cui venne affidata per imparare i rudimenti delle arti ninja.

    Sei solo spazzatura, uno scarto, dovresti essere buttata via.

    Quella di Hebiko, la segretaria irriverente che l'aveva colpita senza esitazione.

    Ci sono andata troppo leggera. La prossima volta vedi di creparci.

    Quella di Kitori, sensei dai modi all'apparenza gentili e dalle strane amicizie.

    Mi interessava solo il tuo corpo, cosa credevi?

    Quella di Jotaro, il mistico custode di segreti che l'aveva accompagnata nell'abisso.

    Potresti andare bene al massimo come sacrificio...

    Quella di Kamine, la portatrice del demone ad otto code, con lo stesso fardello da portare.

    Smettila di chiamarmi sorellona, è disgustoso anche solo essere associata a te.

    Quella di Shinken, il capitano delle squadre speciali con cui era andata in missione.

    Sei solo un peso morto, avrei fatto molto prima senza di te.

    Quella di Feng Gu e Janki, il fabbro di Ame dai mille nomi e il suo fido aiutante suricata che l'avevano allenata.

    Sei stata uno spreco di tempo, completamente negata in tutto, vergognati.

    Basta... vi prego, basta...

    Si copre le orecchie, non vuole più ascoltare, non vuole più sentire. Ogni frase, è una sentenza. Ogni parola, una fibra strappata dal suo essere. Una dopo l'altra, le relazioni di cui è intessuta la sua vita vengono torte, lacerate, distrutte. La trama della sua anima viene a poco poco disfatta, lasciando intravedere il vuoto al di sotto di essa.

    Pensavi davvero di essere una di noi? Illusa!

    Una nostra compagna? Ma quando mai!

    Non ti vorremmo qui neanche come serva, vattene!
    Nella Villa non c'è posto per te.

    A sussurrarle all'orecchio tali malignità sono gli ospiti del Mikawa, i suoi sottoposti, la cosa più simile ad una famiglia che avesse mai avuto. Matsumoto, Fyodor, Antares, la piccola Yakhiru. Persone con cui aveva condiviso il pane, risate e pianti. Che si erano prese cura di lei. E che ora trafiggevano il suo petto con stilettate di pura malvagità. Poco a poco la ragazza scompare, smembrata, lacerata pezzo per pezzo. A darle il colpo di grazia sono le due figure che si ergono nitide in cima all'altura a cui i suoi piedi l'hanno condotta nella sua fuga disperata.

    Diogene, l'uomo a cui si è affidata, colui che l'ha presa sotto la sua ala protettrice accogliendola nella sua casa, trovandole un posto nella sua schiera, il nuovo kokage di Oto.

    Tu sei la portatrice del Nibi. Nient'altro che questo. Non mi importa nulla di te, sei solo un contenitore sostituibile in qualsiasi momento.

    Eiatsu, suo custode, mentore, patrigno. Che l'aveva salvata e condannata al contempo a convivere con il demone a due code. Prima di accorgersene la giovane aveva iniziato a nutrire per lui un attaccamento e un sincero affetto. Un sentimento che non sapeva bene come gestire, non avendolo mai provato fino a quel momento. Nessuno le aveva spiegato cosa fare e cosa dire, cosa era giusto e cosa no. Aveva improvvisato, andando a tentoni, ma facendo sempre del suo meglio, nella speranza un giorno di essere notata, di essere ricompensata con un sorriso, con una carezza sulla testa. Ed ora quello.

    E tu chi sei? Cosa vuoi da me?

    Non mi interessano i vivi, quindi vedi di toglierti di torno... o di morire.

    Rinnegata.
    Cancellata.
    Obliata.

    E, mentre urla con tutto il fiato che ha in corpo, Harumi svanisce in una luce abbagliante.

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    Bianco.
    Null'altro che bianco.
    Nessun colore, nessun suono, nessun odore, nessun gusto, nessun movimento.

    Solo una coscienza, raggomitolata su se stessa, che se potesse piangerebbe tutte le lacrime del mondo. Il cui unico desiderio è quello di sparire, di smettere di pensare, una volta per tutte. Di poter dormire, di poter finalmente riposare. Trovare pace. Come un fiocco di neve che, raggiunto il suolo, si scioglie, cessando di esistere per sempre. Le andava bene, quella era la fine che più si addiceva in fondo. Ma se non poteva ricevere quella grazia, allora sarebbe rimasta lì. Non avrebbe più disturbato nessuno, non sarebbe più stata una seccatura di cui liberarsi, una scocciatrice da sopportare. Sarebbe restata da sola, eternamente sola, immersa nel bianco, lasciando che il mondo proseguisse senza di lei. Anzi, era certa che sarebbe andato avanti anche meglio così. Già, era la soluzione migliore per tutti. Non doveva fare altro che starsene lì buona, in disparte, senza lamentarsi. Dopo tutto quello che aveva fatto, non ne aveva di certo il diritto. Andava bene, andava tutto bene, bene, bene...

    Hai finito di fare la martire, nya?

    Un frastuono spaventoso, simile ad un vetro che va in frantumi, e la culla bianca che avvolgeva la ragazza va in frantumi. A riversarsi dentro di essa è l'oscurità, ma mescolandosi con la luce genera a poco a poco i colori, le forme, i suoni. La giovane torna a respirare, il suo cuore ricomincia a battere, e riapre lentamente gli occhi. Davanti a lei l'enorme zampa felina che ha appena squarciato il suo rifugio si ritrae, permettendole di guardare fuori. Un enorme gatto la fissa con quella che potrebbe passare per accondiscendenza, o noia forse. A cavalcioni del collo della mostruosa creatura c'è un'altra lei. Una parte di lei che ha sepolto nel profondo, lontana dalla coscienza. Una parte di lei con cui è venuta a patti dopo aver incontrato Indra, nelle viscere di Villa Mikawa. Una parte di lei che ha accettato, lasciandola però a dormire, cercando di non risvegliarla mai. Una Harumi oscura, formata dai sentimenti peggiori del suo animo, e per questo tanto affine a Matanabi da ricevere parte della sua forma dal demone gatto stesso.

    La sai qual'è l'unica cosa veramente giusta, nya?
    Pensare a te stessa!
    Tu sei la sola cosa importante, la sola che conta!
    Non ti accettano? E chi se ne frega!
    Non ti vogliono? E chi se ne importa!
    Vivi ! Vivi solo per te stessa!

    Harumi, la piccola Harumi, abbassa lo sguardo rattristato, incapace di replicare, incapace di accettare quella verità, una verità che va contro a tutto ciò che ha provato fino a quel momento, al suo modo di pensare, di vivere, di guardare il mondo. Per quanto voglia aprire la bocca e replicare, la voce le muore in gola. Non aveva torto, ma non poteva ammettere che avesse ragione. Il suo corpo era paralizzato ancora una volta dalla paura, ma non quella della morte, o del dolore fisico, quanto piuttosto di soffrire ancora per i rapporti con le persone che inevitabilmente avrebbe incontrato, di sottoporsi ancora una volta al giudizio degli altri. E dopo ciò che aveva appena subito per colpa dell'intento malvagio racchiuso nel sigillo conficcato a viva forza nella sua carne non era sicura di riuscirci. Non subito per lo meno.

    E allora tu resta qui per un poco, nya.
    Intanto vado a farci due parole io, con quelli là fuori.
    Ti lascio con il Gatto, approfittane per farci amicizia, nya.

    Harumi sposta timidamente lo sguardo sul nekomata, intento a giocare con quello che sembra un enorme serpente, e annuisce piano, dandole il suo benestare, grata per l'aiuto insperato, giunto proprio dall'ultima persona da cui se lo sarebbe aspettato: se stessa.

    Nel piazzale antistante al fu Palazzo del Kokage, ognuno dei prescelti stava affrontando la sua prova, chi in un modo, chi in un altro. Non era passata che una frazione del tempo trascorsa nel loro mondo interiore, e probabilmente Diogene, Febh, Eiatsu e chi fra gli shinobi presenti aveva declinato l'offerta sarebbero stati ad osservare le diverse reazioni dei candidati. Se i loro occhi si fossero posati sulla giovane jinchuriki, ad un certo punto avrebbero notato il suo corpo venire avvolto da un'aura intangibile di chakra, al contempo rosso come il fuoco e nero come la notte. I capelli della ragazza si sarebbero allungati, mutando colore a partire dalla radice fino alla punta in un bianco candido come la neve, e due orecchie da gatto sarebbero spuntate all'estremità del capo. Nell'aprire gli occhi, questi avrebbero avuto un aspetto felino, con iridi gialle e pupille ridotte a fessure. Con un balzo acrobatico, la ragazza gatto sarebbe balzata sulla colonna diroccata o spiazzo rialzato più vicino, stiracchiandosi con indolenza, per poi fissare lo sguardo severo sugli astanti, soffermandosi in particolare sul kokage fresco di nomina e il suo fedele sottoposto.

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    Dovreste smetterla di riversare tutte queste aspettative sulla mocciosa, nya. Guardate come l'ha ridotta questa stupida prova, e per cosa poi? Che cosa sperate di ottenere da lei? Avete mai pensato al suo bene?

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    Parole pesanti, forse fuori luogo sulla bocca di un essere nato dalla parte più disprezzabile di un essere umano a cui un demone aveva dato forma, ma non di meno domande scomode per le quali quella Harumi oscura attendeva una risposta da parte dei presenti.
  2. .

    Fine e Inizio


    Post 2 ~ Passato, presente, futuro

    Alla kunoichi del Suono, insieme alla sua collega jinchuriki, fu ordinato di rimanere in disparte, dietro ad un clone del novello consigliere. Aveva ormai da tempo realizzato che, se le veniva riservato un trattamento di favore, non era per lei, quanto piuttosto per ciò che custodiva al suo interno. La cosa, tuttavia, non le aveva recato particolare disturbo per il momento, anzi: era ben consapevole dell'importanza del demone a due code per Oto, e desiderava rendersi utile al luogo che l'aveva accolta. Da lì a poco, la voce possente dello sconosciuto li avrebbe interrogati proprio sul loro rapporto con il Villaggio. Ma prima ci sarebbe stato spazio per l'apparizione di mostri giganteschi e lezioni di storia.

    Harumi notò l'arrivo di Haru con la coda dell'occhio, ed in effetti sarebbe stato ben difficile non farci caso visto il vocione, la corporatura, ed il comportamento della donna, più vicino a quello di un alcolizzato cronico che di un ninja. Gli altri presenti non li conosceva, ma sembravano invece professionisti su cui si poteva contare, nonostante le stranezze. A prendere l'iniziativa fu però la segretaria, se tale era ancora il suo ruolo, che intrepida si fece avanti, fronteggiando l'invasore. A dire la verità, sembrava conoscere quel figuro dal volto immerso nella penombra. Ammesso che avesse ragione nel vedere in lui lo scomparso amministratore, venne comunque bloccata dall'enorme serpe metallica, per quanto rispettosamente. L'appellativo erede, rivolto alla Vipera, non significava nulla per Harumi, la quale seguì in quieta attesa la scena e i suoi successivi sviluppi.

    La ragazza spalancò la bocca di fronte all'apparizione dei due giganteschi kaiju, signori del fuoco e del fulmine, ma la sua reazione fu un misto di sorpresa e ammirazione, scevra di paura. Aveva smesso di temere i mostri molto tempo fa, prima ancora di accogliere un demone dentro di lei, quando aveva capito che i veri mostri erano gli uomini. Erano stati infatti degli esseri umani, suoi simili, a trattarla in modo disumano, fino al limite estremo di condannarla, innocente, a morire tra le fiamme. Una linea di confine che, superata, l'aveva cambiata per sempre. Ora la morte non le faceva più paura, né gliela facevano gli enormi rettili che sprizzavano scintille e lapilli. Si sarebbe limitata ad evitarli, spostandosi quel tanto che bastava [Slot Difesa I e II][Schivata] Rif. Blu +2
    [Impasto] 1/2 Basso +2 Rif. *2
    , ma senza considerarli neppure una minaccia o un attacco rivolto contro di lei. Per lei erano alla stregua della grandine, o della tormenta: fenomeni naturali, privi di malvagità, che non facevano distinzione tra giusto e sbagliato.

    Anche l'uomo in piedi di fronte al concesso di ninja non sembrava instrinsicamente malvagio, quanto piuttosto esaltato da qualcosa che alla piccola jinchuriki al momento sfuggiva. Con la testa ancora pesante, ma la mente lucida grazie all'effetto del farmaco, Harumi ascoltò con estremo interesse il racconto della fondazione del Suono, come uno studente che ha scelto intenzionalmente di sedersi in primo banco. Qualcosa lo aveva già letto in alcuni degli innumerevoli libri della biblioteca di Villa Mikawa, ma non furono poche le informazioni che andarono a colmare le sue lacune, se non addirittura a rettificare false conoscenze diffuse ad arte per nascondere una più scomoda verità. E tra queste vi era la reale identità del Nidaime. Una notizia che poteva risultare sconvolgente per i più, ma non per la giovane genin, che si limitò ad annuire, convinta che il discorso sarebbe andato avanti. Invece, si interruppe con delle domande impreviste, alle quali le mancava una risposta immediata. Per fortuna, gli altri shinobi presenti parevano più coinvolti, e uno alla volta replicarono allo sconosciuto, o presunto tale.

    L'intevento di Hebiko avrebbe dato alla quieta, ma sveglia Harumi, molto da pensare. Sembrava che la ragazza avesse preso sul personale l'intera faccenda, o per lo meno molto più seriamente di tutti gli altri presenti. Parole pompose, retoriche, quasi un discorso o una proclamazione. Non che stesse dicendo cose stupide o sbagliate, semplicemente neppure quelle, come la precedente esposizione dell'uomo, fecero breccia nell'animo della portatrice del due code. Tutto ciò che ottenne fu un commento, pronunciato tra sé e sé talmente a bassa voce da essere udibile solo a Eiatsu, se fosse rimasto al suo fianco, e al clone di Kato. Erede? Ma la carica di kage non è ereditaria... Di questo ne era ragionevolmente sicura, lo aveva letto in diversi trattati. C'erano stati dei casi di trasmissione ereditaria, soprattutto all'alba dei Villaggi ninja, ma quella pratica era caduta ormai in disuso da lungo tempo. Nulla di più di un ragionamento ad alta voce comunque: Harumi non si era ancora fatta un'idea di cosa fosse meglio per il Villaggio, e di conseguenza chi fosse la persona più adatta per guidarlo in futuro.

    La paranoia era senza dubbio il tratto distintivo di Kato Yotsuki, guardiano ed attuale consigliere pro tempore di Oto. Non era passata neanche un'ora da quando aveva ricevuto l'onore e l'onere di rappresentare il Villaggio, e già si trovava ad affrontare una questione piuttosto spinosa. Era chiaro che non si trattava di un semplice attacco terroristico, l'ennesimo, ma di qualcosa di molto più oscuro e intricato. A onor del vero, Harumi provava un poco di compassione per il ragazzo, catapultato nolente alle luci della ribaltà. Perfino ai suoi occhi ingenui era stato lampante dalle parole dell'assistente del daimyo che Kato era stato incastrato, messo lì giusto per tappare un buco nello scafo dell'amministrazione, prima che la nave chiamata Oto affondasse per la troppa acqua, o debiti, imbarcati. La sorte aveva però deciso diversamente, e quell'apparizione misteriosa poteva rivelarsi per lo Yotsuki una manna. O un colpo di grazia per il suo già fragile ruolo.

    Kamine era stata la prima a prendere la parola. Acida, aveva rispedito le presunte rivelazioni del loro anfitrione al mittente, scrollandosele di dosso come polvere dai vestiti. Eppure, le sue erano state le uniche parole con cui Harumi si era trovata, almeno in parte, d'accordo. Il consigliere aveva finito la sua breve arringa già da un po', e il silenzio interrotto dallo scoppiettio delle saette e dal crepitio delle fiamme stava diventando pesante, perciò la giovane prese coraggio, fece un respiro profondo ed infine disse la sua. Kamine-nee-san ha ragione. Oto è un Villaggio ninja a tutti gli effetti ora, quale che fosse il suo passato. E come tale, dovrebbe avere un kage a guidarlo. Quello era importante nell'economia della discussione, ma non era il punto focale del suo discorso. Harumi rivolse un sorriso a Kamine, poi proseguì, mormorando. Io... Non dovrei essere qui, ora. Non avrebbe dovuto essere neppure viva, ma lo era forse per un capriccio di un kami, forse per cieca sorte. Si era avvicinata tanto alla morte, e in più occasioni, da aver permesso all'abisso sottostante di scrutare nella sua anima. La sua parte più oscura, nascosta nelle profondità, le era al contempo sconosciuta e cara, una parte di sé che inconsciamente non voleva né richiamare in superficie né lasciare affondare, un frammento del suo spirito affidato ad un demone affinché lo custodisse. Sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, la ragazza tornò ad alzare gli occhi sull'uomo che incombeva su di loro e su di Oto. Ma sono qui. Il Villaggio è diventato la mia casa. Non sarà perfetta, anzi direi che non si avvicina neanche lontanamente alla perfezione, ma questo paese mi ha accolto. Quando sono arrivata non conoscevo nulla del mondo, né del Suono. Eppure, ricordo distintamente le parole dell'amministratore: Oto è il luogo dove i desideri delle persone possono realizzarsi. Basta avere la forza di allungare la mano per afferrarli. Non erano le parole esatte pronunciate dallo Yakushi, ma l'impressione che avevano lasciato nella memoria della giovane. Levando il braccio, mimò quanto stava affermando, rafforzandone il concetto. Io... Non so ancora cosa voglio fare della mia vita. Ma qualsiasi cosa sia, è questo il posto dove voglio che accada. Un luogo che, per la prima volta...posso chiamare casa... Un luogo dove, per la prima volta...qualcuno mi aspetta e si preoccupa per me... Cercando di tenere ferma la voce, appena incrinata da una sensazione di calore al petto che la faceva vacillare, da quanto poco era abituata a quell'emozione positiva, chiamata affetto, da molti data erroneamente per scontata. La fanciulla alzò lo sguardo su Eiatsu, pensando anche a tutti gli altri inquilini della Villa. Scuotendosi, assunse un'aria decisa, che sembrava decisamente fuori posto sul suo faccino, ma allo stesso tempo incuteva un lieve senso di minaccia incomprensibile per chi conoscesse anche solo superficialmente la kunoichi. Forse erano gli occhi, che brillavano di una luce strana, vagamente inquietante e al contempo affascinante, quasi ci fosse qualcun altro dietro a quelle iridi scure. Perciò... Non ho idea a che cosa stia puntando, ma se intende distruggere Oto fino alle fondamenta... Non glielo lasceremo fare... Il tono di voce era secco, duro, percettibilmente diverso da quello tremolante per l'emozione della confessione precedente. Una fitta sul retro della nuca avvertì la giovane che l'effetto della medicina stava andando scemando.


  3. .

    il re d'inverno


    8. Falso!

    La ragazza aveva la sensazione di star cadendo nel vuoto da un tempo all'apparenza interminabile, circondata dalla più completa oscurità. Per quanto allungasse le mani nella speranza di afferrare qualcosa, le sue dita non stringevano che ombre intangibili. Nessun suono, nessun odore, nessun colore che non fosse il nero più profondo, l'assensa di luce definitiva. L'unica cosa di cui aveva coscienza era il suo corpo, soggetto a forze che non poteva controllare, mentre inarrestabile scendeva. O forse saliva, non avrebbe potuto affermarlo con certezza vista la completa assenza di punti di riferimento. L'unica cosa sicura era che alla fine della corsa l'aspettava un terribile impatto, che poteva giungere da un momento all'altro, ma quell'istante non arrivava mai. Per quanto spaventoso si prospettasse, quando infine aprì gli occhi di colpo, provò un vago senso di insoddisfazione per il mancato atterraggio, per l'incompiutezza di quell'infinito precipitare.

    Ad aver ridestato la bella addormentata era stato il frastuono del macchinario, acuitosi quando la quattordicesima chiave era stata posizionata al suo posto. Stropicciandosi gli occhi, la kunoichi di Oto si sarebbe messa seduta, guardandosi intorno con aria confusa. Il ricordo dello strano sogno stava già iniziando a svanire dalla sua memoria man mano che riprendeva coscienza. In ogni caso il riposino le aveva giovato, e la testa sembrava stare un poco meglio. Ci mise un poco a capire dove si trovava, ma la figura imponente del padrone di casa, trasformato in uno strano ibrido mezzo uomo e mezzo macchina, le tolse ogni dubbio. Le parole del Mikawa la raggiunsero mentre il suo sguardo vagava per la stanza facendo il punto della situazione, facendola sobbalzare. Intontita com'era quando era rientrata, aveva dimenticato di essere andata a coricarsi proprio di fianco al jonin, che in quell'occasione e non solo per essere onesti, sembrava in tutto e per tutto il tutore della piccola jinchuriki. Diogene...sama... Farò del mio meglio... Con la bocca ancora impastata, la ragazzina faticava ad articolare bene le parole, ma riuscì a trasmettere il messaggio, sebbene terminando con un mezzo sbadiglio, prontamente soffocato. Ormai quasi completamente in sé, la giovane si sarebbe alzata, rassettando gli abiti con delicati colpetti. Non comprese appieno il discorso del Re dell'Inverno, di cui si era persa dei passaggi. Parlava di giocare, non gli sembrava per nulla pacifico, anzi aveva tutta l'impressione che li stesse minacciando. Di fatti, quando rivolse verso il gruppo di Accademici il suo braccio, lo fece per scagliare contro di loro un attacco dall'aria per nulla raccomandabile, ottenendo a quel punto tutta la sua attenzione. Harumi contò i fuochi artificiali lanciati in rapida sequenza, ammirandone nonostante tutto i colori variopinti. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei missili pronti a farli a pezzi! Oh... Un'espressione di stupore fu tutto ciò che si lasciò sfuggire la fanciulla quando realizzò che stava probabilmente per morire. Il tempo parve dilatarsi in quegli istanti, tanto che l'otese quasi si convinse di stare ancora sognando. Furono le esplosioni in serie a ridestarla, con boati tanto potenti da farle portare tanto istintivamente quanto inutilmente le mani alle orecchie per proteggersi dal frastuono. Le armi distruttive erano state intercettate a mezz'aria da sfere di sangue, che le avevano così rese inoffensive. Ad agire prima di chiunque altro era stato niente meno che il capoclan dei Mikawa, che aveva dispiegato la sua abilità nella manipolazione del sangue con una semplicità disarmante agli occhi dei ninja comuni. Uno dei colpi, tuttavia, riuscì comunque a passare, investendolo in pieno. Anzi, per chi avesse osservato la scena con estrema attenzione, sarebbe stato chiaro che il jonin del Suono, imperterrito, si era fatto avanti intercettandolo intenzionalmente con il suo corpo! L'onda d'urto avrebbe investito Harumi, che dovette alzare le braccia davanti al volto per ripararsi, ma non un singolo capello le sarebbe stato torto. Il possente Mikawa aveva infatti fatto scudo con il suo stesso corpo alla piccola kunoichi. DIOGENE-SAMA! La ragazza avrebbe fatto un passo in avanti, ma si sarebbe congelata sul posto. L'uomo davanti a lei stava sicuramente, senza ombra di dubbio, sorridendo. Ciò non di meno, la giovane si sarebbe preoccupata per lui, e allo stesso tempo sarebbe stata profondamente toccata dal suo gesto. Non importava che l'avesse fatto per qualche strategia, perché amava la battaglia o per proteggere un bene del Villaggio: l'aveva difesa, a costo della sua incolumità. Qualcosa a cui Harumi non era abituata, e che la toccava nel profondo.

    Con il clone, che non sapeva essere tale, di fronte a lei in condizioni quasi perfette nonostante l'attacco devastante che aveva ricevuto, l'ansia della giovane scemò rapidamente. Il padrone di casa era forte, ma finché loro avessero avuto il Mikawa dalla loro parte avevano una possibilità. L'autoproclamato re, giustappunto, non infierì subito, perdendosi ancora una volta in chiacchiere dal retrogusto metallico. Sebbene con alcuni istanti di ritardo, Harumi realizzò però che le parole della macchina umanoide, o dell'uomo cyborg, o quel che era, contenevano un errore. Forse a causa dell'eccessivo rilassamento in seguito delle azioni del suo superiore, o forse per carattere, come che fosse la kunoichi non si sarebbe trattenuta e sovrappensiero avrebbe esclamato. Ma...è FALSO! Io ne ho contati solo sei di missili, non cinque! Magari si trattava di una semplice disattenzione da parte dell'uomo, e in ogni caso quell'osservazione non li avrebbe certamente aiutati ad uscire da lì. Anzi, era vero il contrario: se non stava attenta, rischiava di attirare l'attenzione del malvagio Re su di lei, e non poteva aspettarsi che Diogene la proteggesse ogni volta. Non era giusto, né per la sua dignità come kunoichi, né per l'incolumità del Mikawa. Sarebbe stato incedibile, e di certo troppo bello perché accadesse, se invece la frase buttata lì dalla ragazzina avesse avuto un qualche risvolto positivo sulla situazione. Non poteva essere uno di quei giochi a quiz dove si vincevano premi indovinando vero o falso!

  4. .

    Armi e neve


    Post 9 ~ Patti non rispettati

    Nonostante Shin fosse uno shinobi addestrato, nel momento in cui aveva visto l'amico versare in condizioni almeno all'apparenza critiche aveva perso la sua compostezza e consueta lucidità, finendo per implorare aiuto. Per sua fortuna, duplice, si trovava circondato da alleati che si erano prodigati nelle cure, riducendo la gravità delle ferite del sunese, e al contempo il padrone di casa, loro potenziale avversario, non aveva fatto nessuna mossa che potesse far pensare ad un prossimo attacco. Così come era venuta, quel momento di crisi passò in un poco meno di un minuto. Le pulsazioni e il ritmo respiratorio del Kinryu si stabilizzarono, e il giovane approfittò di quella pausa tanto inaspettata quanto meritata per tornare padrone di se stesso. Con dei profondi inchini, espresse la sua gratitudine tanto al ninja di Kiri, quanto alla compagna di Konoha. Asami-san...grazie. Avrebbe mostrato alla ragazza un sorriso di sollievo, chiamandola per nome e l'onorifico in segno di rispetto. Nell'osservare l'Abara tentare di rimettersi in piedi, il foglioso l'avrebbe sostenuto se ne avesse avuto bisogno, ma non gli avrebbe impedito di muoversi. In fin dei conti era uno shinobi, ed Shin sapeva per esperienza che quando la situazione lo richiedeva poteva rivelarsi più coriaceo di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. Certo che hai la pellaccia dura te... Almeno fai piano, altrimenti le ferite si riapriranno... Conoscendo Shunsui, ora che la sua condizione era stata stabilizzata, sarebbe subito tornato in azione, cosa che in effetti fece. Con un sospiro, il Kinryu lo avrebbe lasciato ricongiungersi con il suo superiore di Suna, rimanendo da solo con la collega della Foglia. Sorridendole nuovamente, avrebbe ripreso a ringraziarla da dove si era interrotto, facendole i complimenti per l'intervento tempestivo e professionale. Sai, ti vedrei proprio bene come ninja medico! A sua volta Asami gli rivolse la parola con fare preoccupato, chiedendo il suo parere sulle due kunoichi che erano giunte fin lì insieme a loro. Kairi dici? Penso sia ancora in uno dei padiglioni... Ma sono certo che starà bene, è una in gamba. La fiducia riposta dal ragazzo nei confronti dell'Uchiha era tangibile, tanto che l'altra giovane non avrebbe scorso nessuna preoccupazione sul suo volto. Diverso era il discorso per Kiyomi, che non conosceva affatto. Mmm... In effetti dovremmo andare a cercarla. Lasciami pensare un attimo ad un piano. In ogni caso non avrebbero avuto il tempo di portarlo a termine. Da prima, ci fu un inattesa scoperta: la presenza di quelli che potevano essere due civili all'interno del meccanismo infernale! Poco dopo, mentre ancora il Kinryu metabolizzava quell'informazione, la ricomparsa del fantomatico Re dell'Inverno al posarsi della quattordicesima chiave sull'albero incantato. Fantastico, giusto ciò che ci voleva, un'altra seccatura.

    Il processo in corso, dopo un breve istante di incremento dell'attività, parve arrestarsi completamente, facendo piombare l'ampio salone nel più completo silenzio. Per le orecchie dello shinobi, che si erano ormai abituate alla cacofonia di suoni festivi provenire da ogni dove intorno a lui, l'effetto sarebbe stato straniante, ma i suoi occhi non si sarebbero staccati per un momento dall'ibrido uomo macchina che troneggiava dinnanzi a loro. A quanto pareva il padrone di casa non aveva preso bene il loro successo. Forse li aveva sottovalutati, o forse li stava prendendo per i fondelli fin da quando aveva posato piede lì dentro, se non da quando aveva spedito ai diversi Villaggi quella strana missiva. Ripensandoci a mente fredda, in effetti, loro si sarebbero dovuti trovare lì per una compravendita di armi. Quel pensiero gli sarebbe tornato in mente da lì ad un minuto, ma prima doveva pensare a come fronteggiare la minaccia imminente. Una serie di frasi piccate, un braccio alzato, un fuoco di sbarramento imponente. Gli eventi si erano susseguiti rapidamente, ma il ninja non si sarebbe fatto trovare impreparato. Nonostante le traiettorie tutt'altro che rettilinee, il Kinryu stimò approssimativamente il punto d'impatto dei razzi, pronto a scattare per evitarli. Con la coda dell'occhio, tuttavia, avrebbe visto la kunoichi di Konoha al suo fianco, e subito Shin avrebbe realizzato che probabilmente non avrebbe fatto in tempo a scansarsi. Quindi, senza tanti complimenti, l'avrebbe stretta in vita con un braccio per portarla in salvo. Tuttavia, un istante prima di utilizzare una delle tecniche per cui aveva guadagnato il soprannome di Miraggio, uno scudo vermiglio si levò su di loro, intercettando i colpi che esplosero senza che nessuno dei presenti riportasse il minimo danno.

    IaxxG0k


    Impressionato, il ragazzo volse lo sguardo verso il responsabile. Si trattava del jonin del Suono che fino a quel momento, per l'esattezza da quando le sue maniere forti erano state con eccessiva facilità contrastate da un oggetto fallico animato, era rimasto silente in disparte. Osservando meglio le chiazze sparse per la stanza, il ninja realizzò come si trattasse di sangue, il che rese la sua sorpresa ancora più grande. Uno shinobi di quel livello non si incontrava tutti i giorni, ed il Kinryu ne fu tanto meravigliato quanto ammirato. Purtroppo questo non risolveva magicamente tutti i loro guai, ma almeno fece riacquisire al gruppo un minimo di fiducia. Tornando a quanto stava accadendo intorno a sé, solo dopo una lunga serie di secondi Shin realizzò che stava ancora tenendo Asami in quello che poteva essere facilmente scambiato per un abbraccio. Conscio che il fraintendimento gli sarebbe potuto costare caro, si affrettò a lasciarla andare, allontanandosi di un passo. Perdonami, avevo pensato che... Lascia stare, te lo spiego dopo! Il Babbo Natale mostruoso aveva infatti ripreso a parlare, facendo rimbombare la sua risata metallica per la sala. Fin da quando erano entrati, al giovane era parso che nulla avesse senso, soprattutto la storia sullo spostare l'asse terrestre e tutto ciò che ne conseguiva. Ancora adesso faticava a credere alle sue parole, ma che il nemico non sarebbe andato facilmente a tappeto non lo dubitava minimamente. Mentre altri suoi colleghi si scagliavano con tecniche ed armi contro di lui, il foglioso sarebbe rimasto fermo, lanciando solo un rapido sguardo sulla kunoichi di fianco a lui. La sua specialità era il corpo a corpo, ma non aveva nessuna voglia di avvicinarsi più del dovuto al robot e alla sua protuberanza allungata. Inoltre, non voleva neppure mettere in pericolo la sua compagna, attirando incautamente la sua attenzione con qualche, probabilmente inutile, kunai. Socchiudendo gli occhi mentre studiava la scena, il giovane si costrinse a pensare, spremendo le meningi. Aveva la vaga impressione che mancasse un qualche tassello fondamentale, che a tutti loro stesse sfuggendo qualcosa. Ma su cosa fosse, nessun indizio. Digrignando i denti, ricostruì l'andamento della folle nottata, passo per passo. Il padrone di casa aveva annunciato platealmente i propri piani, li aveva sfidati, mettendoli alla prova. In principio, però, loro erano giunti fino quell'angolo sperduto di mondo per una ragione completamente diversa. Trattare il possibile acquisto di armi. Le ultime parole pronunciate dall'uomo, se ancora si poteva definire così, sembravano in qualche modo rientrare nell'alveo dell'intento iniziale, seppure velatamente. Deglutendo, Shin dovette prendere una decisione. Lasciare che la situazione si trascinasse così, con il rischio che fuggisse loro di mano, oppure aprir bocca, azzardandosi a rispondere a tono al Re dell'Inverno. Asami-san, allontanati per favore... Forse sto per fare una cavolata e non vorrei che restassi coinvolta... Il sussurro sarebbe stato udibile solo alla ragazza, e il foglioso aspettò che lo assecondasse per proseguire. Dopo aver ispirato ed espirato profondamente, il genin avrebbe fatto un passo in avanti, fissando direttamente in volto il loro ospite e rivolgendosi direttamente a lui. Potenti sono potenti, ma non sono nulla di che. Quelle traiettorie li rendono facilmente evitabili, e con un semplice ninjutsu si può ottenere lo stesso effetto. Non credo che Konoha sia interessata ad un'arma del genere. Per me è no. Lo shinobi, che con quel gesto si era autoproclamato rappresentante del Villaggio, avrebbe incrociato le braccia a X davanti al petto per ribadire il concetto. Sapendo che se ne sarebbe pentito, il Kinryu avrebbe assunto una posizione bene eretta, cercando di dare un tono deciso alla propria voce. Allora, hai qualcos'altro da mostrarci?


    Chakra: 80/80
    Vitalità: 18/18
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 600
    Velocità: 600
    Resistenza: 600
    Riflessi: 625
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 600
    Agilità: 600
    Intuito: 600
    Precisione: 600
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Kunai × 7
    • Corpetto in cuoio × 1
    • Fasce da Combattimento × 8
    • Cartabomba I × 1
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Rotolo da Richiamo × 2
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Accendino × 1

    Note
    - Equipaggiamento debilitante indossato (-2 Vel.) [Round 1]

  5. .

    Autogestione


    Post 4 ~ Attentato


    Lo sguardo perforante del funzionario si sarebbe posato su Kamine mentre questa dava la sua risposta. Parole sibilline, il cui significato sarebbe apparso confuso ai più, ma non all'uomo, abituato alle discussioni nelle sale del potere tra nobili e dignitari. In pratica, senza sbilanciarsi od esporsi, stava criticando la politica del Paese del Riso, e non solo quella attuale, ma anche il suo recente passato. Di certo il rappresentante poteva concordare con lei su almeno un punto: i tempi stavano cambiando, ed anche piuttosto rapidamente. Un cambiamento per rimanere al passo era necessario, ma abbandonare il sentiero vecchio per quello nuovo spaventava tutti, soprattutto considerando che a palazzo in molti avevano l'impressione di trovarsi su uno spartiacque. Un passo sbagliato, in una direzione o nell'altra, e sarebbero caduti, inesorabilmente e senza possibilità di salvezza. Per questo, come aveva appena annunciato, la scelta era caduta sul chunin. Aveva scalato la gerarchia propugnando un'idea di Oto vecchio stampo, dimostrando l'energia per riportarla in auge. Inoltre, alle eminenze grigie, era sembrato il classico ninja del Suono: facile da capire, e quindi facile da manipolare e tenere sotto controllo. Se avesse agito contro il loro interesse, erano sicuri di poterlo rimettere in riga alla svelta, ricordandogli da chi prendeva ordini.

    Comunque fosse, la carriera politica di Kato Yotsuki come consigliere pro tempore rischiava di essere ancora più breve dell'ormai proverbiale Mizukage per un'ora. L'araldo del daimyo non aveva finito di parlare che da qualche istante, sganciando sugli ascoltatori increduli la decisione presa da altri, quando la porta d'ingresso era andata in pezzi e aveva fatto il suo ingresso un individuo che definire peculiare era poco. Le braccia della Vipera avrebbero avvolto il dignitario, portandolo al sicuro, ma le due guardie che erano con lui non sarebbero rimaste a guardare. Ignorando il comando della genin, si sarebbero precipitate a loro volta fuori dalla finestra, atterrando senza difficoltà un paio di metri più in basso, trovandosi l'ufficio dell'amministratore al primo piano. Nonostante non fossero ninja, erano pur sempre soldati addestrati, con un unico scopo: proteggere l'incolumità dell'araldo. Non avrebbero badato ad altro, né ascoltato nessun altro ordine che non provenisse da lui, o dal daimyo in persona.

    Tossendo per la polvere sollevata dall'esplosione, Harumi si rese conto di quanto stava accadendo quando la jinchuriki più grande gridò il suo nome, invitandola a portarsi al riparo. D'accordo, Kamine-nee-san! Aggirando la scrivania, la giovane si sarebbe posizionata esattamente davanti alla finestra da dove poco prima erano usciti Hebiko e i tre uomini [Slot Gratuito][Istantaneo] Movimento

    Azione Rapida
    . Per quanto scossa, non era più una novellina e il suo corpo iniziava a reagire con naturalezza quando era il momento di prendere delle decisioni. Approfittando della confusione, mentre ancora si spostava, compose una serie di posizioni magiche, creando dei cloni intangibili di sé uno per lato, ed uno davanti a lei [Tecnica] Tecnica della Moltiplicazione del Corpo - Bunshin
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tigre, Cinghiale, Bue, Cane (4)
    L'utilizzatore può creare dei cloni di se composti da chakra; saranno identici all'utilizzatore al momento dell'esecuzione. Le copie non possono produrre suoni, lasciare impronte o muovere oggetti al loro passaggio, posseggono un'ombra, hanno Velocità pari energia l'utilizzatore. Le copie possono essere create entro 3 metri dall'utilizzatore e possono allontanarsi entro 15 metri dal luogo di creazione. Se colpiti o scontrati contro una superficie solida si dissolvono in una nuvoletta bianca che rimarrà presente per circa un secondo. I cloni possiedono la controparte inoffensiva di qualsiasi arma del ninja che le ha create; non hanno potenzialità offensive e tutti gli attacchi sono considerate finte. Il movimento effettuato va conteggiato come movimento dell’utilizzatore, salvo non compia una traiettoria simile o speculare. Il clone può rimanere attivo massimo 3 round.Tipo: Ninjutsu - Ninpou
    (Consumo: ¼ Basso per copia )
    [ [Cloni Massimi: 2 per grado ninja] ]
    [Da studente in su]
    . Così facendo, le due portatrici avrebbero rispettivamente bloccato la porta e la finestra, gli unici ingressi nella stanza. Per il momento aveva considerato un suo intervento diretto contro l'intruso controproducente. Non solo non ne conosceva le capacità, ma rischiava anche di essere d'intralcio per Kato. La giovane deglutì, mentre lei e tutte le sue copie estraevano ed afferravano saldamente un kunai, preparandosi alla lotta.

    Nel frattempo, ignorando lo scontro che si stava consumando sopra le loro teste, una certa genin ed un certo dignitario erano impegnati in una conversazione dai toni decisamente accesi, almeno da parte della fanciulla dai capelli rossi. Dalla parte dell'uomo, infatti, la calma regnava sovrana. Avrebbe ascoltato quanto Hebiko aveva da dire in silenzio, ma non appena quella avesse finito, avrebbe fatto qualcosa di impensabile fino a quel momento: avrebbe sospirato. La sua compostezza era stata infranta da quel gesto tanto leggero quanto inequivocabile.

    La Vipera del Suono, nel suo intimo, sembrava covare un rancore verso il dignitario semplicemente a causa del suo ruolo, ma non sarebbe stato azzardato affermare che si trattava di un giudizio affrettato, ed in quanto tale piuttosto superficiale. La famiglia Yakihori apparteneva alla piccola nobiltà del Paese del Riso, ma le sue fortune erano state a lungo tempo altalenanti. Piccoli proprietari terrieri, dopo una serie di cattivi raccolti si erano indebitati, finendo per perdere tutto. Avevano licenziato la servitù, venduto la villa, ed infine si erano trasferiti nella capitale, dove il capofamiglia aveva trovato lavoro a palazzo come funzionario di basso rango, poco più di un impiegato. Poco abituato a quella vita disagiata, il padre era passato presto a miglior vita, lasciando il peso della famiglia sulle spalle del solo Sengetsu, il quale a soli sedici anni si era rimboccato le maniche, prendendo il posto del genitore. Aveva profuso un impegno costante per imparare quanto più possibile, facendo straordinari e rendendosi utile in ogni modo immaginabile. Alla fine i suoi sforzi erano stati notati ed era entrato nelle grazie di uno dei ministri. Da lì aveva iniziato la sua ascesa, fino a giungere al servizio diretto del daimyo. Ma Sengetsu non era il tipo d'uomo da adagiarsi sugli allori una volta raggiunto il vertice, anzi era vero il contrario. Più in alto si trovava, più importanti reputava essere i compiti che svolgeva. Per quanto fossero gravosi, gli accoglieva come un onore, felice di dimostrare al daimyo che la sua fiducia era ben riposta. Quando i ministri avevano votato la mozione per nominare un consigliere pro tempore, la scelta per l'ambasciata era caduta su di lui, che pure non aveva preso parte alla votazione, perché nessun altro aveva intenzione di scomodarsi per raggiungere il Villaggio, o di impegolarsi con gli shinobi del Suono, notoriamente di maniere brusche. E così eccolo lì, a discutere con uno di loro, colpevole solo di una cieca fiducia nei confronti del capo della nazione.

    Il sospiro era stato breve, ma provenendo da un uomo tanto impassibile sarebbe parso lunghissimo alla Vipera, che nel frattempo era stata circondata dalle guardie del corpo. Le lance basse, sebbene non puntate direttamente su di lei, non promettevano niente di buono. I soldati non avevano preso bene la sua intromissione, che li aveva praticamente privati del loro compito, ed erano pronti a reagire a qualsiasi ulteriore minaccia. Temo che lei abbia frainteso almeno un paio di cose, Hebiko-san. Il tono era calmo, ma non freddo come in precedenza, quasi che l'uomo avesse deposto la maschera di distacco indossata fino a quel momento. Vede, Febh Yakushi-sama non ama per niente avere a che fare con i vertici del Paese del Riso, in particolare con il nostro amato daimyo. Con suo grande dispiacere, anzi, ha la spiacevole abitudine di ignorare i suoi inviti a riunioni e ad altre occasioni più o meno formali. Che l'attuale governante dello stato fosse un personaggio peculiare non era un grande segreto, ma ad essere a conoscenza del rapporto problematico tra i due vertici, quello politico e quello militare, erano in pochi. Quindi non abbiamo sentito una singola parola su di voi dall'amministratore. Anche se ho raccolto informazioni su tutti gli shinobi del Villaggio per conto mio, naturalmente. Il dignitario, fedele al suo spirito di svolgere al meglio il proprio compito, aveva infatti studiato la documentazione disponibile sul personale in forze ad Oto, finendo per memorizzare l'intero elenco dei suoi membri.Ciò che dice è vero, se l'ordinaria amministrazione non è andata a rotoli si deve a lei, e merita un plauso per questo.L'uomo avrebbe unito le mani in un gesto di congratulazioni. Non era una presa in giro, era perfettamente serio. Il secondo abbaglio che ha preso, Hebiko-san, è l'importanza del ruolo di consigliere per Oto. Vede, il suo discorso sarebbe perfettamente sensato, se si parlasse di amministrazione civile... Ma voi siete ninja. E chi crede che debba guidare le armate in guerra, in assenza di un kage? La risposta è il consigliere. Chi crede che debba negoziare con le altre nazioni? Sempre il consigliere. Chi deve prendere decisioni basate su un'attenta valutazione delle forze in gioco? Il consigliere. Quell'incalzare avrebbe lentamente, ma inesorabilmente messo all'angolo la donna. Non ci si aspetta che un consigliere di un Villaggio ninja si sieda dietro ad una scrivania a fare lavoro d'ufficio, per quello c'è...la segretaria. E a quanto sembra lei è piuttosto portato per quel compito. Sarebbe fantastico se potesse essere un sostegno per lo Yotsuki. Il nobile avrebbe fatto una piccola pausa, ma avrebbe ricominciato a parlare prima che la rossa aprisse bocca, a costo di interromperla. D'altro canto, capisco anche la sua opposizione, e ciò che posso prometterle è che ne informerò il daimyo, riportando le sue parole alla sua attenzione. Può darsi che cambierà idea dopo averle udite.

    La discussione, per quanto riguardava il funzionario, poteva anche finire lì. Tuttavia, ad Hebiko non sarebbe certo bastato quel discorso che ignorava almeno un punto della sua argomentazione, ovvero perché la scelta era caduta su Kato. Un velo cupo sarebbe disceso sui suoi occhi, e le sue spalle si sarebbero incurvate un poco sotto il peso della responsabilità che si stava prendendo. Non ho altro da aggiungere a nome del daimyo. Se insiste, però, le darò la mia opinione personale del perché ritengo la decisione dei ministri corretta. Ad un cenno di assenso da parte della ragazza, avrebbe continuato. Ancora una volta, ha ragione quando dice che lo Yotsuki non è la scelta perfetta. Tuttavia, è il meno peggio che al momento avete a disposizione, considerando la mancanza dei tre jonin. Con fare spiccio, avrebbe proseguito. Non mi piace fare comparazioni, anzi lo trovo piuttosto deleterio, ma è il modo più rapido per farle capire, Hebiko-san. Stando alle notizie che ho collezionato... I suoi sottoposti, i funzionari dell'amministrazione, obbediscono perché la temono. Gli uomini dello Yotsuki, alle mura, perché lo rispettano. Lei inoltre ha la sgradevole tendenza a prendere tutto sul personale, reagendo in modo spropositato ignorando completamente la gerarchia, da quello che leggo nei rapporti, e me lo sta dimostrando anche in questo momento. Lo Yotsuki ama risolvere le cose con la violenza, ma sa rimanere al suo posto quando serve. Non dubito che in una negoziazione, alla prima provocazione, lei rischierebbe di reagire facendo scoppiare una guerra. Inoltre c'è la questione del grado. Lo Yotsuki se l'è guadagnato sul campo, sa come affrontare i nemici, come gestire una squadra e dosare le risorse in caso di conflitto: è la definizione stessa di chunin a spiegarlo, e lei stessa ha ammesso che sta facendo un ottimo lavoro come guardiano. Per quanto riguarda lei, Hebiko-san, non mi sento di dire altrettanto. Le missioni a cui ha partecipato ufficialmente sono poche. Non si è ancora messa in mostra sotto gli aspetti propriamente militari del suo mestiere, e questo influenza la sua capacità di farsi ubbidire. La carica di consigliere non trascende la gerarchia: i suoi superiori potrebbero comunque rifiutarsi di darle ascolto. Il che lo reputo abbastanza...problematico. Aveva fatto una lunga tirata, perciò l'uomo si fermò un istante per riprendere fiato. Certo, anche Febh Yakushi-sama ha i suoi difetti... Ma lui almeno ha la potenza per spazzarli via. Uno shinobi tanto potente da tenere testa ad un kage, si dice. Direi che compensa ampiamente le sue mancanze, ed ancora una volta ci riporta alla questione principale: un consigliere, in assenza dei suoi vertici, è la prima difesa di un Villaggio. E lei non ne ha semplicemente la forza. L'ha detto lei stessa poco fa, Hebiko-san: è solo un pesce piccolo. Rispetto al resto del discorso, la sua conclusione sarebbe stata pronunciata con un tono di voce sommesso, quasi fosse sfinito da quella conversazione, o che parlasse più rivolto a se stesso che alla sua interlocutrice. La quale, se fosse rimasta fedele al suo carattere, non l'avrebbe certo presa bene. Ma doveva riflettere bene prima di agire, considerando le due yari pronte ad essere puntate contro di lei al minimo segno di pericolo e il ruolo istituzionale dell'uomo che aveva davanti.



  6. .

    Autogestione


    Post 3 ~ Consigliere


    Le labbra dell'araldo si piegarono impercettibilmente in un sorriso amaro mentre osservava il rimpallo tra la segretaria e lo Yotsuki della faccenda bagno. In un altro contesto la scenetta sarebbe anche potuta apparire comica, ma in quel frangente la sua unica reazione degna di nota fu trattenere un sospiro. Aveva letto i dossier su tutti i convenuti, e purtroppo le osservazioni che vi erano riportate ritraevano in modo impietoso la realtà. In ogni caso avrebbe infine optato per ignorare ulteriormente l'interruzione, contando sul fatto che un giovane desideroso di intraprendere una via perigliosa come quella del ninja riuscisse a trattenere i propri stimoli, almeno per il tempo necessario a concludere quella pagliacciata.

    L'atteggiamento assunto dalla Vipera del Suono dopo essere stata punta sul vivo servì giusto per conferma. Una lunga serie di aggettivi potevano essere legati alla ragazza dai capelli rossi, la maggior parte dei quali poco lusinghieri. Al nobile non fece né caldo né freddo l'atteggiamento di sfida assunto dalla kunoichi: l'unica cosa su cui si sarebbe concentrato sarebbero state le sue parole, giudicandola su quella e null'altro. Al termine della sua esposizione, l'uomo non avrebbe emesso un suono, e il suo unico movimento sarebbe stato un cenno del capo per mostrare che aveva inteso quanto aveva da dirgli. A seguire sarebbe stato il turno di Kato. Lo shinobi si sarebbe espresso con termini chiari e voce decisa, senza tirarsi indietro. Anche nel suo caso, il dignitario sarebbe stato a sentire, socchiudendo gli occhi e assaporando ogni parola uscita dalla sua bocca. Quando a parlare fu lo studente, il quale per inciso mostrava ormai segni di cedimento, per la prima volta il nobile incurvò le labbra, non in segno di disgusto come in precedenza, ma in un accenno, subito represso, di sorriso. La fedeltà dimostrata da l'ultimo nella scala gerarchica, dall'ultimo arrivato, dall'ultimo degli ultimi, sarebbe dovuta essere da esempio a tutti gli altri lì radunati.

    A quel punto mancavano solo Kamine ed Harumi. La seconda in particolare, tesa per il fatto di dover esporre il proprio punto di vista, cercò conforto nella piccola Yakhiru, solo per accorgersi che era sparita. La pestifera bambina dai capelli rosa aveva probabilmente approfittato di un attimo di distrazione per dileguarsi, probabilmente annoiata dall'andamento della conversazione, inseguendo l'impulso di un momento. Sospirando, ritrovandosi senza vie di fuga, la giovane portatrice del due code si sarebbe chinata rispettosamente prima di dare il suo umile contributo. Ecco... Non posso dire di parlare a nome di Diogene-sama, o degli altri ninja raccolti alla Villa, ma se si accontenta della mia opinione... Per me il Villaggio è...fiacco. La ragazzina aveva esitato, cercando una parola più adatta per alcuni secondi senza infine trovarla. Per scusarsi, avrebbe subito portato le mani in avanti. Cioè, come dire...è stato lasciato andare alla deriva, ecco! Cercando al contempo di calmarsi e di raccogliere il coraggio, avrebbe tentato di sostenere la propria constatazione adducendo delle argomentazioni. Chi ha parlato prima di me ha detto bene: noi tutti dobbiamo qualcosa ad Oto. Non avrebbe rivangato il suo passato traumatico prima che giungesse al Villaggio, ma avrebbe sorriso timidamente ad Hikaru. La sua difesa è essenziale, così come dovrebbe esserla la spinta verso l'esterno. Se mancasse una delle due, è solo questione di tempo prima di essere schiacciati. Man mano che parlava, la kunoichi acquistava sicurezza, ed il suo tono si faceva più serio e professionale. Penso che sia il caso di ristabilire una gerarchia chiara, assicurare il rispetto della legge tanto dentro quanto fuori, per tranquillizzare i cittadini, riordinare i ranghi dei ninja e trattare con gli altri Villaggi da pari a pari. Avrebbe avuto molte altre cose da aggiungere, ma nel momento in cui si accorse del silenzio profondo che regnava intorno a lei, la sua antica vergogna riemerse prepotente, bloccandola di colpo. A fatica, sarebbe riuscita a terminare il discorso, balbettando incerta. E-e...e questo è quanto!

    Il volto del funzionario sarebbe rimasto immoto, simile ad una maschera di cera, per un lungo, interminabile minuto. Infine, preso un respiro profondo, avrebbe unito le mani. Vi ringrazio per aver condiviso con noi il vostro pensiero. Avete tutti ragione, in un certo senso, ma credo che ad essere andato più vicino di tutti al nocciolo della questione sia stato Yotsuki-san. Non a caso la sua esperienza e il suo rango sono i più elevati, tra voi. Un brevissimo silenzio, poi esalando, quasi si togliesse un peso dallo stomaco, l'araldo avrebbe emesso la sua sentenza. Quello che manca al Villaggio di Oto è una guida. Un capo che sia in grado di prendere delle decisioni. Sebbene si tratti di una procedura poco ortodossa, il daimyo e i suoi consiglieri hanno deciso di nominare un consigliere pro tempore, in attesa del ritorno dei jonin. Spetterebbe a loro riunirsi in assemblea per assegnare tale carica, ma voi stessi avete capito che indugiare ulteriormente potrebbe essere fatale al Villaggio. E se cadete voi, cade l'intero Paese del Riso. L'Accademia rischierebbe di sfaldarsi ed infine la pace dell'intero Continente sarebbe a rischio. A quel punto, giunse la conclusione, rapida ed inaspettata. Noi abbiamo dunque decretato di nominare Yotsuki Kato consigliere del Villaggio del Suono, fino a data da destinarsi. Possa egli, come guardiano, continuare a custodire Oto e ciò che rappresenta. Il finale, sibillino, sarebbe rimasto aperto a infinte quanto personali interpretazioni. Ovviamente diamo facoltà al consigliere di nominare uno o più assistenti, di assegnare gli incarichi tra i ninja di Oto come meglio ritiene opportuno, e naturalmente di gestire i fondi messi a disposizione dal Paese del Riso, e quelli guadagnati con il vostro lavoro. Un mandato pieno, insomma, per quanto a scadenza. Così abbiamo parlato!

    qujXWUW


    Un istante dopo, la porta della sala esplose in mille pezzi.

    Kaworu, ovviamente puoi recuperare il giro in un secondo momento, il funzionario ascolterà anche la tua risposta e ne terrà conto, anche in vista di futuri sviluppi. Detto questo, liberiamo il campo dai PNG e divertiamoci, con il nostro nuovo Consigliere pro tempore!

  7. .

    Autogestione


    Post 1 ~ Convocazioni


    Solitamente, nei momenti topici, il clima sembrava voler sottolineare la propria partecipazione con nubi minacciose, oscure e uggiose, alle quali a volte aggiungeva raffiche di vento inquieto o pioggia torrenziale, giusto per strafare. Eppure, in quel momento, il cielo era completamente limpido, anzi era talmente terso da poter ammirare perfino le cime della catena montuosa che si estendeva lontana a sud ovest, nel Paese del Fuoco. Per di più il sole splendeva rovente già dall'alba, ed ora che si trovava quasi al suo apice la calura si era fatta quasi insopportabile. E non era che il primo giorno d'estate. Insomma, le condizioni meteo non rispecchiavano per niente l'umore degli abitanti più illustri della nazione.

    D'altro canto Oto stesso non era esattamente un Villaggio ninja da manuale, tutt'altro. Certo, da quando faceva parte dell'Accademia si era dato una regolata, inserendosi a pieno titolo nel quadro geopolitico del continente, lascito dell'invasione cremisi. Per gestire i problematici confini settentrionali con Kumo, Oto era stato riconosciuto come Villaggio ninja del piccolo, ma prospero Paese delle Risaie, nonostante il suo passato turbolento e i suoi metodi decisamente poco canonici. In parecchi avevano storto il naso, ma alla fine avevano chiuso un occhio: la forza degli shinobi del Suono era temuta, e chi era al potere ne aveva bisogno per conservare la propria posizione. Con una regola non scritta, l'amministrazione civile, che faceva capo al daimyo, aveva da sempre lasciato carta bianca su un'infinita di questioni ai vertici del Villaggio. L'importante era che arrivassero i risultati. Da qualche tempo, però, gli ingranaggi di quella macchina scalcagnata avevano smesso di ruotare come si deve, con il risultato di un evidente perdita di performance. Il rallentamento delle pratiche, il ristagno delle riforme, la diminuzione delle missioni, avevano un'unica origine: la mancanza di un manutentore che operasse una messa a punto.

    A quanto pareva, l'insoddisfazione per le azioni del Villaggio era giunta fino a palazzo, dove diversi fondo schiena grassocci e di sicuro poco avezzi al lavoro manuale si erano mossi a disagio sulle scomode sedie della stanza dove venivano prese le decisioni che contano. Dopo lunghe discussioni, si era giunto ad un compromesso di quelli che scontentano tutti, ma non troppo. Alla fine, era stata inviata un'ambasciata ad Oto, con un messaggio laconico, eppure al contempo decisamente esplicito. E quella stessa comunicazione era giunta a numerosi esponenti del Villaggio in questione, convocandoli nell'ufficio dell'amministrazione del Suono.
    Sotto il solleone, avanzavano lungo una delle vie centrali che si irradiavano dal fulcro del Villaggio del Suono due piccole figure. Pochi le avrebbero riconosciute come le kunoichi che effettivamente erano. La più alta, una ragazza dai capelli neri tenuti corti, stava scostando il collo della camicetta resa aderente dal sudore nella speranza di far passare un inesistente filo di vento. Che caldo... Come fai a resistere, Yakhiru-chan? Ad essere stata interpellata era la bambina che trotterellava allegra a suo fianco come se nulla fosse, fresca come una rosa. Agitando un poco la chioma di un improbabile colore rosa pastello, portò le mani chiuse a pugno ai fianchi e tirò in fuori il petto ancora acerbo, assumendo una posa da grande esperta. E' tutta una questione mentale, Harumiuccia! Se ti convinci che non faccia caldo, anche il tuo corpo smetterà di percepirlo. L'accompagnatrice sorrise debolmente, poco convinta. Se lo dici tu... Per fortuna siamo arrivati! La coppia aveva infatti iniziato a risalire le scalinate che conducevano al palazzo dell'amministrazione, sede di gran parte delle istituzioni del Suono. Se si trovavano lì, era a causa della missiva ricevuta quella mattina, una convocazione rivolta ad una cerchia selezionata di shinobi.

    Villa Mikawa, esattamente come il resto del Villaggio, lavorava da un po' di tempo a questa parte a ranghi ridotti. Nonostante la folla di assistenti del capoclan che vi risiedeva solitamente, la maggior parte di loro era assente ormai da molto, impegnata lontano ad eseguire gli ordini del jonin, raccogliendo informazioni, ordendo macchinazioni e tramando nell'ombra. Spiccava tra tutte la mancanza di Eiatsu, uomo di fiducia del colosso e protettore della piccola Harumi. Incredibilmente, data la sua personalità di ghiaccio che gli faceva preferire i morti di cui si occupava per mestiere rispetto ai vivi, aveva mostrato in più occasioni per l'inesperta jinchuriki segni di quello che poteva essere considerato affetto. A gestire la situazione, suo malgrado, era rimasto Fyodor, il quale se la stava cavando egregiamente considerando il poco personale a sua disposizione. Quando era giunta la lettera, tuttavia, anche il ninja veterano aveva finito per sospirare, scompigliandosi teatralmente con una mano i lunghi capelli lucidi. Che diavolo vogliono questi ora? Non ho tempo per starli a sentire... Gli occhi spirati dello shinobi, in evidente carenza di sonno, avevano scrutato l'ampia sala da pranzo dove alcuni membri della famiglia erano intenti a fare colazione, finendo per posarsi sulla testa di Harumi, intenta ad addentare una fetta di pane tostato. Tu. Guadagnati la pagnotta e vai a vedere cosa vogliono. La kunoichi reagì come se fosse stata colta con le mani nella marmellata, deglutendo vistosamente e fissando alternativamente il cibo che reggeva tra le dita e l'uomo che gli aveva appena dato quell'ordine repentino. Io... ecco... Per me non ci sono problemi, ma è sicuro che vada bene così? Fyodor, che era già passato ad occuparsi d'altro, mosse la mano nell'aria, a significare che considerava l'opposizione della ragazza irrilevante. Portati con te la mocciosa, che sono stufo di vederla ciondolare per casa mentre gli altri lavorano. E per altri intendo IO. Su, andate! E con quello la discussione era chiusa.
    Stanza dell'amministratore, recitava la missiva. Ma da i più quella era conosciuta come lo studio di Febh Yakushi, uno degli uomini più potenti di Oto, se non del continente intero, noto tanto per la sua terribile potenza distruttiva quanto per la sua scarsissima voglia di impegnarsi. I convenuti avrebbero trovato un ambiente stranamente spoglio ad accoglierli. Le pile di documenti che raggiungevano il soffitto, tanto da essere scambiate per colonne portanti, erano state fatte sparire, così come la gran parte degli oggetti bizzarri accumulati nel corso degli anni ed abbandonati al loro destino spesse volte sul pavimento. Tutto raccolto e infilato a forza in una serie di scatoloni, cacciati in un angolo. L'odore della vernice fresca avrebbe reso subito palese che le pareti erano state ridipinte di recente di bianco, mascherando ogni segno di distruzione passata, causata da forze esterne o da un errore di calcolo dello Yakushi. Solo l'imponente scrivania non era stata toccata, ed emanava un'aura di venerabilità, sempre che non si trattasse di semplice suggestione. A stonare era un manichino umano in scala 1:1, seduto dietro al tavolo, cui erano stati disegnati con il pennarello indelebile degli occhiali da vista quadrati. Sopra al petto, attaccato con il nastro adesivo, un lungo foglio scritto in kanji verticali recitava: "Febh Yakushi, lo stupendo amministratore di Oto". Nella testa dell'Oni, probabilmente, grazie a quello nessuno si sarebbe mai accorto della differenza.

    Davanti al mobile, un poco discosti per permettere a chiunque di ammirare Febh in tutta la sua bellezza, stava un drappello di uomini. Tra due armigeri armati di yari, la lunga lancia orientale, si ergeva dinoccolato un dignitario delle corte del daimyo, che non faceva nulla per nascondere il suo fastidio per il trovarsi lì in quel momento. Impeccabile nel suo abito bianco dalle ampie maniche, la fascia al ventre e l'alto copricapo nero tipico della sua carica, agitava lentamente e con grazia un ventaglio istoriato per farsi aria in quell'afosa giornata. Avrebbe atteso pazientemente che i nuovi venuti giungessero poco alla volta, degnandoli di sguardi carichi di diverse sfumature di disgusto, almeno fino a che non fossero comparse davanti a lui le persone che aspettava realmente. Chiudendo il ventaglio con un colpo secco, avrebbe fatto un passo avanti. Finalmente possiamo iniziare, diamoci una mossa e finiamo questa pagliacciata al più presto.

    CITAZIONE
    Giocata per muovere un po' le acque, visto la latitanza dei grandi capi, per assegnare qualche carica provvisoria e iniziare a spendere un po' di soldi accumulati.

    Tutti gli otesi possono partecipare, ma nessuno è obbligato. Vi avviso però che, compatibilmente agli impegni, cercherò di tenere un tempo di posting accettabile, intorno alla settimana. Come sempre, buon game!

  8. .

    Shinobi's Royal Rumble
    Post 6 ~ Giù il sipario



    La conclusione di quello scontro fu qualcosa che andava oltre al semplice concetto di deludente.
    Una farsa, ecco il termine più adatto ad indicarla.

    Il primo a prendere le distanze da quello spettacolo pietoso fu il vincitore, per lo meno morale, della contesa. Con un cambio di regole tanto repentino quanto motivato dalla sola volontà di divertire il pubblico pagante il sunese si era visto defraudato di una giusta ricompensa per la sua fine strategia, che aveva tenuto conto di ogni aspetto di cui un ninja doveva occuparsi: il campo, gli avversari e il contesto. In una missione si poteva avere successo anche senza eliminare fisicamente tutti gli avversari, e solitamente erano proprio queste le più difficili. Lì però i presupposti su cui aveva costruito il suo piano erano stati modificati arbitrariamente. Per fare un esempio, era come se un ninja pianificasse un rapimento, e nel momento in cui aveva in mano il bersaglio gli venisse comunicato che in realtà doveva anche dare fuoco alla casa da cui si era appena allontanato, e che nel frattempo si era riempita di guardie.

    L'otese rimase con un pugno di mosche, non appena il suo diretto avversario si volatilizzò, ma non aveva nessuna intenzione di diventare oggetto di scherno, ed evitò con una mossa autolesionista il successivo assalto del foglioso, ruzzolando giù dalla pedana. Shin, furioso, ma estremamente lucido, ne rimase scornato, ma a sua volta si arrestò, osservando l'evolversi degli eventi intorno a lui.

    Il marionettista, ricomparso fuori dall'arena in un punto piuttosto in alto e in vista annunciò al mondo il suo ritiro, e lo fece con parole dure, sprezzanti, che il pubblico di certo non avrebbe apprezzato. Il genin di Konoha vide i suoi occhi ridotti a fessure, altezzosi, dopo che lo shinobi si fu tolto la maschera, e sebbene non riconoscesse l'amico a causa del sigillo ancora impresso sul suo colpo non poté che provare un'istintiva simpatia per lui. Il guerriero del Suono dovette pensarla allo stesso modo. Shin ebbe l'impressione che alzasse le spalle, prima di allontanarsi dall'agone senza proferire parola.

    Rimanevano solo lui e il rappresentante di Kiri. Che seccatura. Ormai la rabbia era andata scemando in lui, era bastato meno di un minuto per smontare completamente l'atmosfera. Anche volendo, ed in effetti il Kinryu non ne aveva nessuna intenzione, continuare non aveva senso. Se le cose stavano così, tanto valeva andarsene senza neppure salutare. Sarebbe stata quella la sua, piccola, ripicca con i ridicoli organizzatori dell'evento. Sfruttando una delle sue tecniche più peculiari, scomparve alla vista come aveva fatto il sunese, senza però necessità di comporre sigilli e ricomparendo ben distante, dove non c'era nessuno a vederlo, all'ingresso degli spogliatoi [Slot Tecnica]Attacco Improvviso

    [Abilità] Passo Lampo, Azione Rapida
    [Slot Gratuito + Slot Azione][Istantaneo] Movimento + [Movimento] * 3. Lì si tolse la maschera dal volto, gettandola al suolo, per poi avviarsi verso il suo armadietto a recuperare i suoi effetti personali. Che perdita di tempo...
  9. .

    Top model per un giorno

    post v ~ aura di perversione





    Una pioggia di intimo carbonizzato non è uno spettacolo a cui si assiste tutti i giorni, così Harumi, dopo essersi riparata con le braccia dall'onda d'urto provocata dall'impatto tra la tecnica perversa e i loro katon combinati, era rimasta ad osservare i brandelli ancora in fiamme volteggiare lentamente al suolo. Il pubblico non riportò particolari danni, al più qualche segno di bruciatura sui vestiti, ma la kunoichi ebbe l'impressione che diverse occhiatacce di rimprovero saettassero nella sua direzione. Dovevano essere le proprietarie dei capi rubati, che magari avrebbero preferito sacrificare lo stilista per riavere la propria lingerie indietro. Un dettaglio a cui l'inesperta giovane non aveva calcolato. Ops... Tuttavia da lì a poco la maggior parte dei malcapitati sembrò mutare atteggiamento, smettendo di coprire le proprie nudità ed iniziando ad assumere pose provocanti, se non direttamente ad approcciare chi aveva vicino. Sentendo poi la voce di Mihaw, con una tonalità insolitamente maschia, si girò preoccupata, osservando impotente il tentativo di approccio verso la sua collega di Oto! Ma... Che cosa sta succedendo? Timorosa, la ragazza si rivolse alla senpai cui doveva la vita, la quale sembrava aver già analizzato la situazione e tratto le sue conclusioni. Gen...jutsu? Incredula che potesse esistere un'arte tanto subdola e meschina, avrebbe rispettato l'ordine impartitole dall'Uchiha, lasciando che fosse lei ad occuparsi del mostro.

    Nel frattempo avrebbe avuto anche lei il suo bel da fare. Saltando giù dalla passerella, separò due uomini che erano venuti alle mani. Quello più anziano stava difendendo la moglie dall'approccio dell'altro, i cui occhi eccessivamente lascivi lasciavano supporre che si fosse lasciato corrompere dall'incantesimo. Alla fine la kunoichi non trovò altro modo di fermarli che stendere l'incolpevole vittima con un colpo di taglio ben assestato alla base del collo, facendolo crollare privo di sensi a terra. Il delirio intorno a lei però nel frattempo cresceva, e per ogni incidente a cui poneva rimedio ne spuntavano altri tre. L'otese si rese conto che di quel passo avrebbe finito per essere sopraffatta. Urgeva inventarsi qualcosa, e alla svelta! Divincolandosi da una stretta e ricacciando indietro una mano troppo intraprendente, con una serie di balzi si portò nel punto più alto che riuscì a raggiungere. Kairi aveva parlato degli occhi, quindi poteva trattarsi di un'arte illusoria con medium visivo. In quel caso, forse sapeva cosa fare per dare il suo contributo.

    La fogliosa aveva appena portato il suo attacco, ma Harumi non avrebbe aspettato di verificarne l'efficacia. Ormai l'emblema della perversione doveva aver reagito al lancio di boxer, e la genin del Suono si attendeva che per lo meno li rimuovesse disgustato. Prese a correre, sfruttando la piattaforma come base d'appoggio, per poi darsi lo slancio, saltando il più alto possibile, in direzione del demone incarnato. Mentre si trovava in aria avrebbe urlato un comando alle colleghe, sperando che il precedente calcio della ninja della Foglia avesse intontito l'avversario quel poco che bastava affinché non lo udisse chiaramente anche lui, ma anzi avrebbe alzato la testa attirato dalla voce. Non guardatemi! Senza necessità di comporre sigilli, ormai al culmine della sua parabola, un intenso alone di luce avrebbe circondato la figura di Harumi, rendendola simile ad un'apparizione divina.


    In realtà sarebbe stato tutto dentro la testa di chiunque non avesse rispettato l'invito della kunoichi, che avrebbe alterato il sistema circolatorio del chakra degli incauti con uno dei genjutsu più elementali da lei conosciuti [Slot Tecnica]Illusione Accecante
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Nessuna (0)
    L'illusione si attiva se osservato l'utilizzatore e presente entro 9 metri da esso. Le vittime vedranno generarsi alle spalle dell'utilizzatore una luce intensa che renderà Accecate le vittime per 1 round oppure finché non subito un attacco. L'efficacia è pari a 10.Tipo: Genjutsu -
    (Consumo: Medio)
    [Da studente in su]
    . Pregando che funzionasse, la giovane avrebbe effettuato una capriola, atterrando poco distante dall'amica di Konoha. Per somma precauzione, la kunoichi avrebbe estratto subito dopo le bolas dalla borsetta che non aveva mollato un secondo, perché una donna non si separa mai dalla sua borsa, tenendola con l'incavo del braccio anche mentre utilizzava il jutsu. Fatti roteare i due pesi per alcuni istanti, li avrebbe scagliati all'altezza delle caviglie, mirando ad immobilizzare il reo di tutta quella baraonda [Slot Azione][Lancio] Forza Parienergia +2
    [Impasto] 1/2 Basso +2 For.

    Bolas [Distanza]
    Si tratta di un semplice caccio di cuoio alle cui estremità sono presenti due sferette di metallo pesanti che fanno da contrappeso. Quest'arma, per quanto inoffensiva, può legare l'avversario o immobilizzarlo: può causare Intralcio Medio. Non può essere utilizzato entro 3 metri il proprio obiettivo e non oltre i 15 metri.Tipo: Da Mano - Immobilizzo
    Dimensione: Media
    Quantità: 1
    (Potenza: 1 | Durezza: 2 | Crediti: 20)
    [Da genin in su]
    . Con apprensione, dubitando che fosse bastato così poco per avere ragione di un nemico tanto ostico, la ragazzina si sarebbe posizionata in guardia, sebbene gli abiti alla moda la facessero sembrare tutto fuorché una ninja. E adesso, senpai?


    Chakra: 28.5/37.5
    Vitalità: 12/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 300
    Velocità: 300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: Nuvola esplosiva
    2: ///
    Note
    Notoriamente nei momenti topici, quando è il momento di prendere una decisione e di fare discorsi epici, il tempo si dilata, e così accade qui.
  10. .

    L'Ospedale del Suono


    Post 6 ~ Verso gli inferi

    La fanciulla scrutò per un lungo istante il corridoio che si apriva davanti a lei, appena rischiarato dalle luci di emergenza che a distanze regolari baluginavano debolmente. Via libera, sembra. Bene, andiamo... La kunoichi stava di fatto parlato da sola, visto che il ragazzo che stava portando con sé era ancora privo di sensi, ma quel silenzio persistente iniziava a mettere alla prova i suoi nervi. Appesantita per il fardello non indifferente, l'otese si trascinava, spostando una gran quantità della polvere accumulata sul pavimento, la quale presto le causò un eccesso di tosse. Coff coff...Oh issa, forza che ci siamo quasi... Quella era una bugia bella e buona, o nella migliore delle ipotesi una pia illusione, ma la ragazza non intendeva perdere la speranza. Sarebbero usciti da lì, anche se assurdamente l'unico modo per farlo era continuare a scendere. Soprattutto dal momento in cui, alle sue spalle, un cupo suono metallico l'avvisò impietosa che non c'era più possibilità di tornare indietro. Qualcuno, o qualcosa, si stava divertendo alle sue spalle, spingendola verso l'abisso. Non potendo farci nulla, e preferendo non pensarci troppo, la ninja del Suono non avrebbe esitato, fino a quando il suo sguardo non avesse incrociato delle macchie sospette per terra. Seguendole con gli occhi le avrebbe viste estendersi lungo le pareti e poi sul soffitto, simili a strisce o getti di colore, ma dall'aria decisamente poco rassicuranti. Non se ne era accorta in precedenza a causa dell'illuminazione carente, ma avvicinandosi fino ad un palmo dal naso si tolse ogni dubbio: quello era sangue. A giudicare dal colore, doveva essersi coagulato molto tempo addietro, e questo la rassicurò sul momento, ma dentro di lei non smetteva di crescere il disagio e la repulsione che provava per quel posto. Il nome ospedale s'addiceva poco o niente alla struttura, almeno per quanto aveva visto fino a quel momento. Giunta in fondo al passaggio, però, anche la kunoichi dall'animo saldo si arrestò, urtata dallo spettacolo macabro della porta parzialmente divelta ricoperta di impronte insanguinate. Harumi non si sarebbe portata le mani davanti la bocca solo perché impegnate a sorreggere il ragazzo ancora incosciente, ma non poteva fare a meno di pensare agli ultimi istanti del malcapitato, dominati dal terrore. Cosa gli aveva dato la caccia, in quell'inferno? E soprattutto, quella bestia era ancora lì sotto? Ispirando profondamente, si sforzò di andare avanti, trattenendo a stento un rigurgito. Davanti alla lamina di metallo contorta, constatato che il carico le impediva di procedere agilmente, avrebbe preso violentemente a calci l'anta finché non si fosse fatta da parte, sobbalzando ogni volta che il boato del suo piede contro il ferro riecheggiava nell'aria stagnante. Trattenendo il fiato, l'avrebbe quindi scavalcata, finendo in un vestibolo, la cui funzione doveva essere stata quella di permettere al personale di attendere l'ascensore. Peccato che del macchinario non rimanesse che lo scheletro, devastato dalla stessa furia che presumibilmente aveva portato morte e distruzione nel segmento precedente. Deglutendo, iniziando a provare una vaga angoscia, la kunoichi avrebbe appoggiato il giovane ad una parete, coprendolo per bene fino al collo con la coperta, per poi studiare la situazione. Contrariamente alla sua speranza, il vano scendeva solamente, cosa che lasciò perplessa la genin. I cavi pendevano immobili, ma la jinchuriki non si sarebbe fidata di usarli. Harumi rimase a fissare la profondità oscura sotto i suoi piedi a lungo, cogitabonda. Sospirando, si ritrasse infine, avvicinandosi al ragazzo e rivolgendosi a lui con la morte nel cuore. Rimani qui, d'accordo? Dovresti essere al sicuro... O almeno lo spero... Tornerò a prenderti! Era la seconda volta in poche ore che abbandonava qualcuno in quel luogo maledetto, e dentro di sé il senso di colpa la tormentava incessantemente. Non vedeva però altre alternative. Farlo scendere in quelle condizioni era fuori questione, così come rimanere fermi lì. L'unica possibilità che aveva di salvarlo era trovare una via d'uscita sicura, e senza pesi morti avrebbe avuto, forse, almeno una possibilità.


    Prima di avere ripensamenti, l'otese si avviò a passi veloci verso l'antro oscuro, e prese a discenderlo con estrema attenzione grazie alla sottile patina di chakra adesivo sotto le piante dei piedi [Abilità] Chakra Adesivo (Base)
    Arte: L'utilizzatore cammina con facilità sulle superfici verticali. (Mantenimento: ¼ Basso)
    [Da genin in su]
    . L'assenza quasi completa di luce non preoccupava più di tanto la ragazza, che proseguiva praticamente a tentoni, seguendo i cavi con la mano fino a quando non arrivò al punto in cui erano stati tranciati. Con un estremo sangue freddo, proprio solo di chi ha già visto almeno una volta la morte in faccia, la fanciulla proseguì, ancora più attentamente se possibile, fino a dove si sarebbe dovuta trovare la porta scorrevole del piano inferiore. Con un piccolo balzò atterrò di fronte al varco, ma qualcosa di secco e rigido scricchiolò e si ruppe sotto il suo peso, per quanto leggero. Chinandosi, avrebbe osservato per quanto possibile vista la tenebra quasi totale, l'oggetto dalla forma stretta e allungata, sfiorandolo con le dita nude, ritraendosi frettolosamente non appena la sua mente ebbe compreso. Ossa, quelle erano ossa, umane a prima vista. E ne scorgeva un cumulo immenso, ora che gli occhi si erano abituati un poco. Disturbata intimamente, si allontanò da quella che a conti fatti era una fossa comune, o una discarica a seconda della predisposizione d'animo con cui si affrontava la realtà. Quel nosocomio maledetto era una fucina di continui orrori per la giovane, che già da un po' aveva preso a pentirsi della sua decisione di entrare là dentro. Arretrando, finì per raggiungere altre due porte, entrambe chiuse, sulle quali campeggiavano due targhette consunte dal tempo. Harumi passò velocemente dall'una all'altra con una disperazione crescente in lei, stufa di trovarsi continuamente di fronte a scelte e bivi. Che ne aprisse una o l'altra, non sarebbe cambiato niente: non avrebbe scoperto cosa avrebbe trovato fintanto che non avesse commesso l'azzardo di avanzarvi. A pensar semplice, le celle in teoria avrebbero dovuto contenere dei corpi, i laboratori delle strumentazioni, nella peggiore delle ipotesi delle cavie. Che poi fossero anch'esse passate a miglior vita con l'abbandono di quel settore era tutto da dimostrare. Se però voleva trovare indizi su come uscire da lì, nonostante il terribile presentimento che la stava importunando fin da quando aveva letto le indicazioni, il laboratorio era probabilmente la scelta migliore. Ormai...peggio di così non...niente, lasciamo stare, meglio non dire niente... Con una vena di umorismo e autocommiserazione, parlando da sola, Harumi girò la maniglia.

    Chakra: 47.75/50
    Vitalità: 14/14
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 400
    Velocità: 400
    Resistenza: 400
    Riflessi: 400
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 400
    Agilità: 400
    Intuito: 400
    Precisione: 400
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Note
    Lasciamo lì per un turno Scica intanto, poi si vedrà.

  11. .

    Nei meandri di villa Mikawa


    Post 3 ~ Sogno

    In quell'istante, il mondo andò in fiamme. Il sangue vermiglio e oscuro travolse ogni cosa, mutando misteriosamente la sua natura al contatto con l'entità antica, l'intruso che viaggiava tra le dimensioni del tempo e dello spazio, della realtà e del sogno, alla costante ricerca di una porta lasciata aperta, di una soglia da varcare, foriero di lutti e sventure, di terrore e di morte. Accecata dalla luce rossastra, investita dal calore del fuoco sovrannaturale, Harumi si ritrasse, schermandosi il volto con le braccia, temendo che fosse giunta la sua ora. Polverizzata, lasciando dietro di sé niente più di un'ombra sulla parete. Non aveva mai pensato che quella sarebbe stata la sua fine, ma in fin dei conti c'erano modi peggiori per lasciare questo mondo. Eppure, nulla di tutto ciò accadde. Per la prima volta nella sua esistenza, trovò surreale il fatto di essere ancora viva. Le fiamme crepitanti intorno a lei avevano avvolto tutto: gli shinobi che giacevano al suolo nella stanza, i mobili, le pareti, i sotterranei e la Villa stessa. Ma la giovane kunoichi di Oto respirava ancora. Non solo, la sua pelle era appena tiepida, i suoi polmoni sgombri, i suoi occhi umidi. Semplicemente, quanto stava accadendo era privo di senso. Siamo ancora dentro un'illusione? O forse...è tutto un sogno? Il dolore che le artigliò il fianco nel pronunciare quelle poche parole si erse a duro diniego di quel pio desiderio, lasciando la fanciulla esterrefatta davanti all'ombra nera che emergeva dall'inferno. L'abominio avanzò verso di lei con una maestosa lentezza. Ad ogni passo, la ragazzina arretrava, fino a ritrovarsi appoggiata al moncherino di parete dietro di lei. Quando l'oscuro raccolse la spada da terra, un brivido freddo le percorse la colonna vertebrale per l'intera lunghezza, mentre la fronte le si imperlava di sudore. Come avevano anche solo potuto pensare di affrontare una calamità del genere? La giovane cercò con uno sguardo venato di disperazione Diogene, capoclan dei Mikawa, jonin di Oto, il Colosso, ma ciò che trovò la gettò nella più cupa disperazione. L'uomo, o il suo simulacro, stava immoto, con gli occhi appannati, persi a fissare un paesaggio remoto, più lontano di quanto la ragazza poteva concepire. Sola, era rimasta sola. Di nuovo. Chiuse gli occhi, preparandosi ad accettare la sua sorte. No, non era così. Harumi riaprì le palpebre. Non era sola. Le sue iridi brillavano, riflettendo la luce delle fiamme che la circondavano. Regolarizzando il respiro, tornò padrona di sé. Flesse le gambe, inarcò la schiena, pronta a reagire. Non poteva buttare via la sua vita. Non più. Con un'espressione terribile in viso, contrasse i muscoli, preparandosi a scattare. In quell'istante, l'ombra senza nome spalancò la bocca.
    L'occhio rosso la fissò, l'afferrò, la rivoltò e la lasciò senza fiato. Il tutto accadde in un istante. Una violenta fitta le pervase l'addome, poi un'altra ancora più forte. Il suo grembo ardeva come se il fuoco lo stesse consumando dall'interno. Lasciandosi sfuggire un gemito, la ragazzina si accasciò. Il chakra dentro ribolliva, ustionando ovunque scorresse, le trafisse l'intero corpo di spilli. Quell'energia che non le apparteneva si stava ribellando, cercando di scavarsi una strada verso la libertà attraverso le sue viscere. La testa della fanciulla si fece pesante, ancor più che per il dolore rampante, per la confusione che vi dominava. La sua mente stava venendo invasa da centinaia di sensazioni, ricordi, emozioni, che non erano i suoi. E tra tutte, si ergeva alta, immensa, la rabbia. Un odio atavico, impossibile da accumulare nella breve vita di un uomo, tramandato attraverso i secoli, accresciuto, coltivato, ed ora pronto ad esplodere. Harumi spostò le mani con cui si stringeva la pancia alle tempie, nel tentativo disperato di fermare quel vortice che la scuoteva con tanta foga da farle perdere l'equilibrio e financo i sensi, se la sua volontà avesse vacillato un istante soltanto. La giovane kunoichi di Oto si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, piantò i piedi, gridò, mentre copiose lacrime le scendevano incontrollate lungo le guance. Tutto, pur di rimanere presente a se stessa. Sarebbe bastato un istante, uno soltanto, per perdere tutto, per smarrirsi per sempre nell'oscurità. Sentiva il demone dentro di lei premere per uscire, sordo al suo pianto, cieco alla sua sofferenza, muto di fronte alla sua supplica. Che il due code ambisse alla libertà, poteva comprenderlo. Lo accettava. Ma non così, così era semplicemente...sbagliato. Matanabi, l'essere antico che aveva accolto dentro di sé, non l'avrebbe abbandonata in quel modo. Quella non era neppure furia cieca, era semplice istinto. Come se nella creatura fosse stato girato un interruttore, premuto un pulsante. L'occhio le aveva impartito un comando alla sua natura più ferale, oltre ogni possibilità di controllo da parte della ragione. Un'altra spinta, più violenta, fece riversare la ragazza al suolo, faccia a terra, boccheggiante. La sua coscienza non avrebbe retto ancora a lungo. Già si intravedevano le prime crepe, stava venendo spezzata dalla semplice forza bruta, la differenza tra di loro era semplicemente troppo grande. Harumi aprì la bocca, cercando di articolare una supplica, ma dalle sue labbra dischiuse non uscì che un rantolo afono, simile al sospiro di un'anima che abbandona il corpo. Un lampo di dolore improvviso, lancinante, dall'interno del cranio, le fece credere di morire. Si abbandonò con il fianco del viso appoggiato al pavimento freddo, le braccia ormai inermi abbandonate lungo i fianchi. Dagli angoli di bocca e occhi colavano lentamente lacrime, saliva e sangue. Un'altra convulsione, più debole, le scosse il busto. La fanciulla batte le palpebre un paio di volte, ma non riusciva più a mettere a fuoco. Il petto si alzava sempre più piano e le labbra rimaste socchiuse si increspavano appena ogni volta che esalava il respiro, contraendosi in una litania senza voce.

    Matanabi, perdonami se non ho avuto la forza di tenerti con me...in quel momento, quando per un istante ti sei fidato di me, ero così contenta...

    Madre, ti ringrazio per avermi donato questa vita...anche se per poco, ho cercato di viverla a pieno...sono perfino riuscita a farmi degli amici...

    Io...sono pronta.

    Harumi rimase muta, immobile, per interi, lunghissimi minuti. Era interdetta, incredula a tal punto da non lasciare spazio a nessun sentimento che assomigliasse alla felicità. Non riusciva semplicemente a credere di essere ancora viva. Certo, per un istante aveva sospettato che quello non fosse altro che un sogno, ma tutto ciò che aveva provato era così reale... Con una lentezza esasperante, la ragazza si tirò su a sedere, iniziando a prendere coscienza di ciò che la circondava. Un letto, sì, era adagiata su un morbido materasso, e sul suo grembo era scivolata la coperta che la stava coprendo. La stanza, si trovava nella Villa, l'edificio era ancora in piedi. E le voci, sì le riconosceva. Da quanto le si stavano rivolgendo? C'erano forse sempre state? Uh, dei volti. Ah, sì, se li ricordava. Da quanto la stavano fissando? Harumi non avrebbe saputo dirlo. Era confusa, stanca, ogni fibra del suo corpo urlava di dolore. Eppure, loro erano lì per lei. Le loro espressioni, i loro toni, tradivano una preoccupazione e un sollievo dettati da qualcosa di più del semplice senso di responsabilità, di dovere verso il Mikawa. Quello, almeno non se lo era sognato. Non era più sola.

    Sono tornata
    Sono a casa

    AWBkk7H

    Stringendosi nuovamente la coperta intorno al corpo, la giovane avrebbe sorriso tiepidamente agli astanti, rassicurandoli sulle sue condizioni e rispondendo a mezza voce alle domande che le venivano poste. Nel letto di fianco al suo, all'apparenza solo addormentato, era disteso il capoclan, mentre il Jaku era adagiato sul pavimento, circondato da diversi degli inservienti della Villa. La kunoichi si ritrasse impercettibilmente nel vederlo, ma Fyodor, con fare premuroso, la rincuorò, dicendole che non aveva più motivi di avere paura. La ragazzina si limitò ad annuire flebilmente, premiandolo però di un sorriso. Ciò che le era accaduto le appariva ancora surreale, ma più passava il tempo, più i particolari sfumavano e i ricordi si facevano incerti, come accade per i sogni subito dopo il risveglio. Alzatasi, Harumi mosse alcuni passi con circospezione, quasi non fidandosi delle sue stesse gambe. Con il massimo impegno, un passo alla volta, raggiunse la poltrona dove giaceva Eiatsu, anch'esso ricoperto da una calda coperta. Le occhiaie dell'uomo erano ancora più accentuate e tutto, in lui, testimoniava quanto profondamente fosse provato. Con timore, la fanciulla allungò una mano verso la sua fronte, sobbalzando al contatto con la sua pelle, senza però ritrarsi. Con estrema delicatezza, gli accarezzò i capelli, calmandosi a sua volta. Avrebbe voluto dirgli tante, tantissime cose. Raccontargli cosa aveva visto. Ma soprattutto, ringraziarlo. Rimase in silenzio, bloccata dalla timidezza, dall'inadeguatezza del momento, dalla presenza di molte altre persone oltre a loro. Tuttavia, in quel frangente, donò ad Eiatsu uno dei suoi sorrisi più belli, di quelli che valgono più di mille parole. I due accettarono di buon grado la bevanda calda offerta loro da una delle donne della Villa, e la kunoichi inspirò il tonificante vapore profumato che si levava dalla propria tazza. Da lì a poco, Diogene ritornò tra loro, animato come sempre dalla sua travolgente energia. Al jonin erano bastati pochi secondi per riprendersi, a differenza della genin, che si rendeva conto sempre di più dell'abisso che li separava. Con la potenza di un uragano, il Colosso prese subito le redini della situazione, non prima di aver severamente ammonito la ragazza di non allontanarsi. Harumi ricambiò il suo sguardo perentorio con occhi di un limpido quasi difficile da sostenere. D'accordo...aspetteremo qui... Lentamente, le sue dita continuarono a muoversi tra le ciocche di capelli.
  12. .

    Affiancamento


    Post 3 ~ Chiacchiere


    Harumi annuì brevemente man mano che il suricato parlante snocciolava informazioni circa il suo passato, sorridendo dapprima nell'udire quante strane creature esistessero al mondo e assumendo un'espressione dispiaciuta poi quando la storia divenne tragica. Oh...mi dispiace per il tuo amico... Quello che muoveva l'animale lo rendeva se possibile ancora più simile agli umani: la volontà di vendicarsi, nulla di più, nulla di meno, come lui stesso ammise un secondo più tardi. La giovane kunoichi, prese a tormentarsi una ciocca di capelli, sovrappensiero. Non poteva certo condannarli per questo, in fin dei conti lei stessa aveva desiderato, seppur inconsciamente, di punire chi le aveva fatto del male. E, peggio ancora, aveva stretto un patto con un essere antico, più antico del mondo plasmato dagli shinobi, proprio su quel presupposto. Aveva promesso al demone codato che avrebbe avuto la sua vendetta sul capoclan dei Mikawa, in un giorno a venire. Era stato il suo dolore, penetrato in lei come il veleno tramite una ferita aperta, a convincerla che la richiesta del nekomata fosse non solo accettabile, ma anche ragionevole. Aveva rischiato di affogare nell'odio del gatto a due code, prima di rendersi conto di quanto fosse simile al suo. Si erano tesi le mani, come due naufraghi disperati alla ricerca di una salvezza che, insperata, era giunta. Ma ciò non aveva che allontanato il problema, nel tempo e nella mente della fanciulla, senza che lei si decidesse ad affrontarlo. Poteva essere veramente giusta, la vendetta? A distoglierla da quei quesiti senza risposta fu l'ennesima voluta di fumo esalata dalla creatura che l'avvolse, procurandole alcuni colpi di tosse. Coff...coff...mi scusi, Janki-san, potrebbe evitare? Non sopporto molto il fumo... Con un sorrisetto innocente, cercò di intenerire il suo interlocutore, spazzando via al contempo l'aria corrucciata dal suo volto e sventolando la mano davanti a sé per diradare la cappa intorno a lei. Il suricata d'altro canto ebbe tutta la sua attenzione per la colorita descrizione del loro ospite. Il fabbro a cui si erano rivolti sembrava essere una persona alquanto peculiare, e ciò rafforzò la convinzione dell'otese che il suo superiore le stesse nascondendo qualcosa. Quali trascorsi avevano i due? In ogni caso Harumi si appuntò mentalmente di diffidare del cittadino di Ame, più di quello che aveva già imparato a fare con chiunque nei pochi mesi passati nel Villaggio del Suono, anche per merito degli insegnamenti di un certo Yotsuki. Coff...coff... Il sorriso sul volto della ragazza si fece più tirato, dopo che una nuova zaffata di fumo l'investì. Il tabacco della pipa non era così terribile come altri, ma non di meno poteva le causava una fastidiosa reazione alla gola inspirandolo. Io? Sì, sono una kunoichi di Oto! Non senza una certa fierezza, la giovane non si preoccupò di nascondere il suo status. In fin dei conti, sebbene fosse meglio non sbandierarlo troppo in giro, trovandosi il gruppo ad Ame, lì erano tra alleati, almeno in teoria. In realtà Harumi non era ancora ben certa di cosa volesse dire, per lei, essere un ninja del Suono, ma ce l'avrebbe messa tutta per fare del suo meglio e scoprirlo. Una guardiana, dice? Beh... Una risatina le uscì di bocca, divertita per il fraintendimento e per l'arguta risposta che le era giunta in mente. ...in un certo senso, sì, ogni ninja di Oto ne è il guardiano, come ogni persona è il custode della propria casa, non crede? Il suo sguardo verso il suricata si addolcì un poco, ora che l'atmosfera si era fatta più leggera, così come il tono delle risposte che diede. Non è che l'abbia proprio scelto, più che altro è un incarico che mi è stato assegnato. Ma ne sono contenta, mi piace viaggiare...finora ho sempre vissuto in un posto piccolissimo, lontano da tutto...vorrei vedere il mondo! E non sono mai stata qui ad Ame... Mi dica, c'è qualche posto interessante che mi consiglieresti di visitare? Qualche piatto tipico? Qualche attività divertente da svolgere? Sono tutta orecchi! A quel punto la giovane si sarebbe sporta un poco in avanti, verso l'animale, facendo ondeggiare impercettibilmente il seno florido, trattenuto dal rigido corpetto sotto le vesti. E poi un poco in effetti mi annoiavo a Oto...quindi è un bene che con Ru-Wai non ci si annoi mai, no? Harumi riprese le parole con cui il suricata si era rivolto all'uomo, facendogli al contempo l'occhiolino in modo scherzoso. Porgendo la tazza vuota alla creatura. La ringrazio ancora per il tè, Janki-san. Le va di mostrarmi il laboratorio mentre il mio superiore termina le contrattazioni? Non sono neppure mai entrata nella fucina di un fabbro, per quanto abbia aiutato a sistemare l'armeria di Oto, una volta. Ma decisamente non è la stessa cosa, no? La giovane si sarebbe a quel punto alzata in piedi, guardando con un sorrisetto speranzoso il suricata, nella speranza che accondiscendesse alla sua innocente richiesta.

  13. .

    L'Ospedale del Suono


    Post 5 ~ Esperimenti umani

    L'aria gelida esalata dallo spiraglio fece rabbrividire la ragazza, che, tesa come una corda di violino, non mosse tuttavia un muscolo. L'illuminazione, fredda e incerta, si rifletteva sulle superfici metalliche, permettendo alla kunoichi di rendersi conto che quella non era assolutamente una cella frigorifera come la porta avrebbe condotto a pensare. Spalancando ulteriormente la pesante anta metallica, lo spettacolo che si apriva davanti ai suoi occhi l'avrebbe fatta nuovamente fremere, ma non centrava la temperatura questa volta. Il corpo immobile di una persona giaceva al centro della stanza, rigido come un cadavere. Harumi esitò, ma la sua attenzione fu attratta alcuni istanti dopo da una serie di segnali acustici provenienti dalle strumentazioni vicino al tavolo. Alzando lo sguardo sugli apparecchi notò come sottili linee, quasi impercettibili, vi si muovevano, mutando ad intervalli regolari. Per quanto potesse essere incredibile, chiunque fosse, era ancora vivo! Ehi... La kunoichi fece un passo in avanti, bloccandosi d'istinto un istante prima di varcare la soglia. I suoi sensi, tesi al massimo per l'assurda situazione in cui era finita, avevano registrato un bagliore metallico nell'estrema periferia del suo campo visivo e il suo corpo aveva reagito prima ancora che l'informazione raggiungesse la sua coscienza [Abilità] Occhio di Falco [1]
    Abile: L'utilizzatore è in grado di scovare facilmente le trappole: la sua Percezione è incrementata dal bonus ai Riflessi o ad una statistica secondaria scelta all'acquisizione. Inoltre, l'utilizzatore è in grado di notare dettagli minori, ottenendo un vantaggio a riconoscere porte occultate, camuffamenti, oggetti e persone nascoste. Non incrementa la Percezione per trovare obiettivi furtivi. [Da genin in su]
    . La kunoichi analizzò rapidamente la trappola, per poi scavalcare il filo teso raso terra con estrema attenzione, lieta di non aver spinto la porta con tutta la sua forza. La giovane avanzò nella stanza senza smettere un attimo di studiare l'ambiente, pronta ad altre possibili minacce, mentre i suoi piedi delicati lasciavano piccole impronte nella polvere biancastra che ricopriva il pavimento. Quel posto sembrava essere stato abbandonato da tempo, in modo tutt'altro che ordinato e pacifico [Abilità] Investigatore [1]
    Abile: L'utilizzatore è in grado di percepire facilmente rumori trascurabili e discussioni, se effettuati entro il movimento di uno slot azione. Inoltre, l'utilizzatore è in grado di ipotizzare a grandi linee il tempo trascorso dall'abbandono di un oggetto in base al suo calore. [Da genin in su]
    . Pur provando il forte desiderio di andarsene, si avvicinò al tavolo operatorio. In modo angosciante, i segnali vitali sul display scomparvero, lasciando spazio alla sua stessa figura. Voltandosi rapidamente, la ragazzina non ci mise che un istante ad individuare la piccola telecamera che la seguiva passo passo. Il rumore alle sue spalle però le fece dimenticare subito la lente che l'inquadrava. Il giovane legato al ripiano metallico aveva preso senza preavviso ad agitarsi, come in preda ad un attacco di convulsioni. Sullo sfondo, il monitor si fece nuovamente nero, ma una lettera alla volta, vi apparve un'inequivocabile grido d'aiuto. Nel frattempo, rapida come era sopraggiunta, la crisi passò, lasciando nuovamente il silenzio padrone della sala, interrotto solamente dal pulsare ritmico delle strumentazioni attaccate al corpo del disgraziato. Ce n'era abbastanza per spaventare a morte anche il più grande e grosso degli uomini, figurarsi una minuta ed inesperta ragazzina. Harumi rimase pietrificata sul posto per un interminabile minuto, prima di riscuotersi. Doveva andarsene da lì, ma non poteva abbandonare quel poveretto. La genin si domandò a quali indicibili torture, mascherate da esperimenti, era sopravvissuto. Sapeva già che Oto non aveva nessun rispetto per i diritti umani, quella dura lezione le era già stata impartita, eppure vederselo sbattere in faccia così crudamente la lasciava nauseata. Deglutendo a fatica, si fece coraggio, raggiungendo finalmente il ragazzo. Co-coraggio, adesso ti...ti porto fuori da qui... Non che il resto dell'edificio sembrasse particolarmente più sicuro, ed al momento uscire dalla struttura era al di là delle sue capacità, eppure qualsiasi luogo le sembrava meglio che quella stanza che puzzava di morte. Controllando in direzione della porta con fare quasi spasmodico, come se si aspettasse l'arrivo di misteriose creature da un momento all'altro, la ragazzina iniziò a studiare gli apparecchi meccanici. Non aveva competenze mediche, tuttavia aveva una mente estremamente logica ed ordinata. Sul retro dello schermo delle istruzioni piuttosto incrostate illustravano come rimuovere per lo meno i sondini che monitoravano i segni vitali, ma il problema erano le svariate siringhe. Per lo meno sembrava che potesse respirare in autonomia. Mentre allungava una mano verso la prima, si accorse che tremava. La fanciulla rimase a fissare il volto martoriato della cavia con mestizia, consapevole di star giocando con la sua vita. Un errore, e poteva non svegliarsi più. Eppure, le aveva chiesto aiuto. Con estrema accortezza, uno dopo l'altro, l'otese interruppe l'alimentazione ai vari flebo chiudendone le valvole, per poi sfilarli con movimenti delicati dalle carni del giovane. Quando ebbe terminato, scosse lievemente la spalla della vittima, cercando di farlo tornare presente a sé. Mi...mi senti? Sveglia...svegliati...coraggio... Sia che quello avesse dato segni di ripresa, sia che fosse rimasto incosciente, la kunoichi l'avrebbe coperto con un lenzuolo per poi prenderlo in braccio, sorprendendosi della sua stessa forza. Era diventata un ninja del Suono solo pochi mesi prima, ma il suo fisico era già incredibilmente più resistente. Con attenzione fece passare il corpo del paziente attraverso lo spiraglio della porta, stringendolo a sé e facendo in modo che non sbattesse da nessuna parte, continuando a richiamarlo con voce dolce. Raggiunto il corridoio, però, le si ripropose l'amletica scelta. Dove potava andare, ora che aveva anche la responsabilità dello sconosciuto? Trattenendo il respiro e muovendosi per quanto possibile in punta di piedi, si diresse senza esitazione verso l'unica direzione da cui non provenivano rumori, armeggiando un po' a fatica con la maniglia. Che altri terrori potevano aspettarla nei sotterranei di una delle strutture più pericolose di Oto?

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    Chakra: 48/50
    Vitalità: 14/14
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 400
    Velocità: 400
    Resistenza: 400
    Riflessi: 400
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 400
    Agilità: 400
    Intuito: 400
    Precisione: 400
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Note
    Spero di non aver ecceduto nella libertà della descrizione, nel caso edito.

  14. .

    Nei meandri di villa Mikawa


    Post 1 ~ Entità ancestrali

    La kunoichi di Oto aveva terminato di preparare i bagagli per la trasferta ad Ame, e stava attendendo l'arrivo del jonin a cui il capoclan dei Mikawa l'aveva assegnata oscillando pigramente le gambe, seduta su una sedia troppo alta nell'ampia cucina della Villa. Alzando lo sguardo sulla pendola a ridosso della parete, la ragazza si rese conto che le lancette si erano rincorse sul quadrante dell'orologio più a lungo del dovuto. Alzatasi di scatto, stufa di aspettare, inarcò la schiena all'indietro per sgranchirsi, tendendo le braccia al cielo. Fu proprio in quel momento che notò la tazza rovesciata usata a modo di fermacarte al centro della lunga tavolata. Infilato sotto il bordo un bigliettino, che la genin inesperta, mossa dalla curiosità, sfilò dopo aver verificato voltando rapidamente il capo che nella stanza non ci fosse nessun altro. Vergato di fretta, in una grafia a stento leggibile, Shinken le comunicava che sarebbero partiti l'indomani perché aveva dei non meglio specificati preparativi da ultimare. Sentendosi una stupida, Harumi ritornò in camera sua, sbattendo i piedi contro i gradini con più foga del necessario.
    Quando l'intera struttura aveva tremato, scossa dalle fondamenta, Harumi si era diretta agitata nel grande androne della villa, domandandosi se si trattasse di un terremoto o di un attacco. I servitori del Mikawa correvano in varie direzioni con una viva preoccupazione negli occhi, ma la ragazzina intuì che la maggior parte di loro si stava dirigendo verso i sotterranei. Non appena mosse anche lei un passo in quella direzione, tuttavia, venne trattenuta e gentilmente accompagnata verso il giardino prospiciente la tenuta, per la sua sicurezza dicevano. Rimase così in attesa, camminando in cerchio sul selciato di ghiaia in preda all'ansia. Con il sole quasi tramontato oltre l'orizzonte, la giovane rabbrividiva ad ogni refolo d'aria gelata che l'investiva, visto che era corsa fuori di casa prima di poter afferrare un cappotto. Stringendo le braccia intorno al busto nel tentativo di trattenere un po' di calore, alzò gli occhi sulle finestre illuminate dei piani superiori. Diverse ombre scure le attraversavano con una fretta poco tranquillizzante, venendo proiettate contro i raffinati tendaggi. Quando infine qualcuno venne a recuperarla era ormai gelata e la notte era scesa sul Villaggio del Suono.
    Con estrema circospezione e molta pazienza, era riuscita a scucire qualche parola su ciò che era successo nei sotterranei ad una delle dipendenti del Colosso. Quella, pur sorridendole con fare benevolo, non si era particolarmente sbottonata, limitandosi a spiegarle con lo stesso tono accondiscendente solitamente riservato ai bambini che qualcosa era andato storto, ma ora stavano cercando di porvi rimedio. Probabilmente era convinta che Harumi non stesse capendo la gravità della situazione, ma la kunoichi, per quanto giovane, per quanto inesperta, era inaspettatamente matura e sveglia per la sua età. E non sarebbe potuto essere diversamente, visto il destino malevolo che i kami le avevano riservato fin dalla nascita. Il padrone di casa, colui che l'aveva accolta dopo il suo arrivo ad Oto, sebbene non senza un secondo fine, giaceva convalescente e privo di sensi, attorniato dai suoi più fidi collaboratori che si stavano prendendo cura di lui, ma sembrava in procinto di rimettersi. Non appena le giunse voce che probabilmente da lì a poco si sarebbe svegliato, la giovane si domandò come potesse fare la sua parte. Come una grande famiglia, o un gruppo molto affiatato, tutti lì dentro avevano un ruolo e stavano svolgendo una mansione più o meno importante. Solo lei, l'ultima arrivata, stava in un angolino con le mani in mano, cercando per lo meno di non essere d'intralcio. Alla fine le venne un'idea, stupida forse, ma non era spaventata di essere rimproverata per quello, tanto era abituata. Qualsiasi cosa gli fosse accaduta, doveva essere debole e privo di forze, e di certo era a digiuno da un bel pezzo. Dunque, con tanta buona volontà, Harumi si mise d'impegno tra i fornelli.
    La ragazzina, nel salire le scale, osservò il piatto adagiato sul vassoio, e non riuscì ad impedire alle labbra di incresparsi insoddisfatte. Ce l'aveva messa tutta, ma la cucina per lei era un territorio inesplorato quasi quanto la vita da ninja. Alla fine era riuscita ad ottenere una poltiglia dall'aspetto poco accattivante, ma dal sapore passabile. Continuava a ripetersi che l'importante era l'impegno, ma le sembrava una scusa, e di quelle per nulla convincenti per altro. Tra l'altro, da quando aveva preso quella decisione, provava un fastidioso seppur leggero senso di nausea allo stomaco, del quale non riusciva a comprendere l'origine. Non le passava neanche per la testa che il demone dentro di lei potesse trovare disgustoso quel suo comportamento, a maggior ragione considerando che il destinatario di quella premura era rivolta verso la persona vivente che più odiava al mondo, colui che gli aveva sottratto la libertà. Il due code aveva covato il suo rancore per anni nel corpo del suo precedente contenitore, ed anche dentro la nuova giovane forza portante quel tarlo non cessava di tenerlo sveglio: uccidere Diogene Mikawa era lo scopo della sua esistenza. Con tale malessere diffuso, le cui cause in realtà non erano del tutto imputabili alla creatura che albergava dentro di lei, la giovine continuò la sua ascesa verso la stanza dove si trovava allettato il Mikawa.
    Appoggiato il piede sull'ultimo gradino, Harumi intravide appena una figura massiccia di spalle, che le ricordava Diogene, allontanarsi lungo il corridoio in direzione opposta alla sua. Ah! Diogene-sama, come st... Niente, senza dare segno di udirla l'uomo era scomparso, scendendo a grandi falcate le scalinata dall'altro capo del piano. Sospirando, la ragazza avanzò comunque per inerzia fino a raggiungere la camera dal quale doveva essere uscito come una furia, a giudicare dalla porta spalancata. Gettando uno sguardo al suo interno, vi intravide una delle poche persone a lei note lì ad Oto che non facesse parte, non direttamente almeno, del personale di Villa Mikawa. Con un ritrovato sorriso, la kunoichi si introdusse ed appoggiò il vassoio ad un comodino, facendo oscillare lievemente l'acqua contenuta nella brocca. Buongiorno Kato-san... Come sta? Nella sua ambiguità, avrebbe lasciato che fosse lo Yotsuki a decidere chi fosse l'oggetto di quella domanda, se lui o il jonin. Se avessi saputo che ti trovavi ancora qui ne avrei preparato una porzione in più, ma visto che Diogene-sama sembra essersene andato puoi mangiarlo te. La fanciulla si sistemò una ciocca di capelli dietro la curva delicata dell'orecchio, sedendosi quindi sul bordo del letto disfatto. Non farti problemi, serviti pure! Spero solo sia buono... Harumi sarebbe quindi rimasta ad osservare per un poco lo shinobi in silenzio, sia che quegli avesse accolto il suo invito sia che fosse rimasto sulle sue. Avrebbe desiderato domandargli molte cose, ma per quel poco che conosceva il duro Kato dubitava che si sarebbe confidato con lei. Anzi, aveva il sospetto che il ninja del Suono non nutrisse una grande stima nei suoi confronti, e a volte pensava che avesse ragione a dubitare delle sue capacità. Con un'espressione un po' più malinconica, la ragazzina si sarebbe alzata visto il languire della conversazione, iniziando a rassettare il giaciglio. Sai, ieri ci siamo presi proprio un bello spavento, sembrava quasi un terremo... Improvvisamente la stanza sembrò girare intorno agli occhi di Harumi, che si appoggiò al materasso completamente stravolta, come se avesse perso l'equilibrio da ferma e stesse per rimettere. La sensazione a poco a poco andò a stabilizzarsi, diminuendo d'intensità, ma le tempie continuarono a pulsarle come se vi fossero due chiodi impiantati e doveva lottare contro il riflesso del vomito. Diversi piani più in basso, nelle viscere di Villa Mikawa, la barriera aveva ceduto.
    In una pausa tra un attacco e l'altro, la kunoichi si era tirata su in piedi ed era uscita dalla stanza ignorando ciò che succedeva intorno a lei. Vagando in uno stato di trance, solo parzialmente cosciente di sé, la ragazza si diresse con passo malfermo verso le profondità dell'edificio, richiamata da una voce che non ha voce, da un suono che non ha suono. Se avesse potuto descrivere quello che provava in quel momento, l'unica immagine che le sarebbe sovvenuta alla mente sarebbe stata un'enorme mano nera stretta intorno al suo stomaco che la trascinava lacerandole le carni. Non sapeva se erano passati anni o solo pochi minuti, ma quell'eterna discesa ebbe infine termine, e la forza portante del Suono avanzò come un sonnambulo attraverso il collegamento che conduceva alla stanza dove l'essere che aveva portato il nome di Jotaro Jaku aveva aperto una soglia, attraversando un confine che sarebbe stato meglio non violare. Sulla soglia, Harumi ritrovò con un immane sforzo la sua lucidità. Vide il Garth confrontarsi con quell'entità vestita di spoglie umane nell'unico modo in cui era capace: con la violenza. E vide riversi in uno stato pietoso i suoi sottoposti, tra i quali una delle pochissime persone che sembrava provare una forma di affetto nei suoi confronti. Eiatsu...sama... Con gli occhi che le lacrimavano ed il dolore sublimato al punto da non essere più percepito dal suo cervello che cercava di proteggerla, la kunoichi rivolse una mano verso di lui. Lentamente, pur resistendo appena una manciata di istanti, scivolò con le ginocchia sul freddo lastricato. La pietra le sembrava coperta di un fluido scuro simile alla pece, mosso da una sorta di risacca animata dal chakra che spirava impetuoso da quella creatura. Senza che se ne rendesse conto, si ritrovò con il volto appoggiato al pavimento, mentre la marea nera la sommergeva, entrandole dalla bocca, dalle narici, dalle orecchie, dai bulbi oculari, impendendole di respirare, di udire e di vedere cosa alcuna. Immersa nell'oscurità, nella mente morente le balenò un ricordo. Aveva già provato sensazioni simili, aveva già affrontato quella prova. Era stato il giorno in cui la sua anima si era fusa con quella del demone a due code, quando entrambi erano stati trascinati nelle profondità più sperdute di un odio ancestrale. Ma non c'era verso questa volta che riuscisse a riemergere, la forza di quell'entità ancestrale era inconcepibile e irraggiungibile per qualsiasi essere umano che non fosse sul punto di elevarsi a divinità. Ed Harumi precipitò nell'oscurità.
    I capelli della ragazza riversa al suolo iniziarono a mutare colore partendo dalle radici fino a giungere alle punte, diventando di un bianco abbagliante, simile a quello della neve. Sbattendo un paio di volte le palpebre, mise a fuoco ciò che la circondava, inarcando poi la schiena e stiracchiandosi con pigrizia. Le iridi gialle e dalla fessura ferina si rivolsero verso i due contendenti, più simili a mostri di quanto appariva lei, che demone era. Le labbra si allargarono in un sorriso lasciando scoperti gli incisivi affilati. A contornare la sua figura stavano due orecchie da gatto, che si contraevano ad ogni esplosione ed impatto causata dal Mikawa e dal Jaku, o di chi ne stava usando le sembianti. Nyahahaha La risata felina rimbombò tra le pareti sotterranee per diversi secondi, permeando l'ambiente. Appoggiata alla parete, la ragazza demone incrociò le braccia, tenendosi in disparte. Sembra proprio che tu abbia trovato un avversario alla tua altezza, spocchioso di un Mikawa, nya. Il sorriso sul suo volto sembrò accentuarsi, assumendo un'ombra sadica. Penso proprio che me ne starò qui in un angolino a vederti mentre ti fa a pezzi, nya. L'essere si guardò le unghie della mano con un fare piuttosto femminile, ma che probabilmente sottintendeva altro. Con gli occhi però, più del capoclan, scrutava il suo avversario. L'aria di superiorità con cui trattava il jonin e il modo in cui fronteggiava la sua nemesi gli erano grati, ma non riusciva a farsi piacere il suo chakra. Come un gatto che annusa con sospetto un cibo avariato, la forma ibrida del due code arricciò il naso. Eppure quell'odore, o per meglio dire colore, non gli era nuovo, doveva averlo già incontrato. In qualche tempo, in qualche spazio, lontano.


  15. .

    L'Ospedale del Suono


    Post 4 ~ Sola...ma non troppo


    La giovane kunoichi di Oto si rese conto dall'espressione del proprio compagno che qualcosa non andava, ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti. Anche se avesse pensato ad un'alternativa, si sarebbe ritrovata impegnata a respingere gli assalti delle infermiere che cercavano di penetrare oltre il pesante vano, perdendo l'attimo giusto per evitare ciò che stava per accadere. Dopo una lunga trepidazione, il ragazzino premette il pulsante, rilasciando i fermi magnetici delle porte tagliafuoco. Le braccia semi decomposte si ritirarono di scatto per evitare di finire tranciate, ma nell'esatto momento in cui le due ante combaciarono con un cupo tonfo metallico Oshi crollò al suolo di fianco a lei, più simile ad una marionetta a cui erano stati tagliati i fili che a una persona che sviene. Harumi non esitò un secondo, chinandosi immediatamente su di lui dopo essersi gettata in ginocchio. Oshi! OSHI! Prese a chiamarlo e a scuoterlo con crescente apprensione, senza ottenere nessuna reazione. Appoggiando l'orecchio sul suo petto non udì alcun suono, tanto meno quello rassicurante di un cuore che batte. Portandosi la mano davanti alla bocca trattene un grido d'angoscia. Strinse i denti, contando fino a cinque per tornare in sé prima di lasciarsi prendere dal giustificabile panico: non aveva mai visto nessuno morirgli davanti agli occhi in quel modo. Osservando più da vicino il corpo del ragazzo, fece caso a dei dettagli che fino a quel momento aveva trascurato. La sua carnagione era grigiastra, come se nella sua carne non circolasse sangue ormai da tempo, ma non solo. Al tatto era freddo, o meglio aveva la stessa temperatura dell'ambiente circostante, sicuramente ben lontana da quella fisiologica [Abilità]. La giovane si morse un labbro. Qualsiasi cosa fosse successa, dubitava che la vita avesse abbandonato quell'essere pochi minuti innanzi, o che il semplice isolamento ne sarebbe stato in grado, altrimenti sarebbe stata anche lei un immobile cadavere in quel momento. Contrastando con la logica dell'evidenza ciò che i suoi sensi gli proponevano davanti agli occhi, la kunoichi giunse alla conclusione, più simile ad una muta preghiera che a una vera convinzione, che l'anima o la coscienza del ragazzo fosse stata momentaneamente separata dal suo involucro di carne, ma che una volta usciti da lì vi avrebbe fatto ritorno. Peccato solo che la sua supposizione non potesse trovare immediato riscontro. Il graffiare di unghie mal tenute proveniente da oltre il muro di metallo confermava che quella via era preclusa. Se voleva avere una speranza di andarsene doveva aspettare che qualcuno venisse a recuperarla, oppure cercare un'altra strada. Guardandosi intorno, vide il corridoio dove si trovava proseguire diritto senza sbocchi fino a quella che poteva sembrare il vano di una scala immerso nell'oscurità.

    Increspando le labbra in un'espressione irresoluta, la genin provò a sollevare a peso morto il corpo del compagno, ma nonostante la piccola statura era troppo pesante affinché lei lo trasportasse agevolmente. Se malauguratamente poi avessero dovuto incrociare nuovamente quelle infermiere zombie la ragazza era certa che non sarebbe mai riuscita a sfuggirgli. A malincuore, decise di occultare i resti senza vita di Oshi nel corridoio, cercando di autoconvincersi che comunque non sarebbero stati presi di mira visto che le guardiane dell'ospedale reagivano agli stimoli visivi o uditivi. Spostando un paio di attrezzature gettate alla rinfusa contro le pareti vi addossò la salma per il lungo, riposizionandole poi come una cortina e completando l'opera con delle lenzuola tratte da una barella rovesciata. Dopo essersi distanziata di un paio di passi per accertarsi che non fosse riconoscibile, nel dubbio, per non lasciare nulla al caso, si avvicinò un'ultima volta, rilasciando una sottile patina di chakra sui resti del ragazzo [Tecnica] Tecnica dell'Occultamento - Kakureni no Jutsu
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Nessuna (0)
    L'utilizzatore può occultare sé stesso, una persona o un oggetto riproducendo quasi perfettamente l'ambiente occupato, diventando invisibile. Se l’obiettivo compie una manovra offensiva o difensiva, la tecnica termina il proprio effetto. Se disattivata la tecnica entro 6 metri da una fonte di chakra, l'utilizzatore non può compiere altre azioni offensive: il round termina dopo l'eventuale fase difensiva.Tipo: Ninjutsu - Ninpou
    (Consumo: Basso )
    [Da genin in su]
    . Ecco...io...torno il prima possibile! Il cuore pesante, corse via, sperando che il jonin che le aveva assegnato quel compagno potesse fare qualcosa per farlo tornare tra loro. Tuttavia, giunta davanti al pianerottolo, in viso le si poté leggere un certo sconcerto nel realizzare che l'unica opzione era scendere ancora! Deglutendo, si fece coraggio e prese a discendere i gradini uno alla volta. Doveva muoversi se voleva fare qualcosa per Oshi.

    Completamente sola, si ritrovò a vagare per l'immensa struttura, percorrendo con estremo silenzio le rampe di scale che si susseguivano finché raggiunse il piano inferiore. Su quel livello si aprivano quattro porte, quattro possibili vie di fuga, o capolinea. Con i sensi tesi al massimo avrebbe percepito anche il suono più irrilevante, ma non ce ne sarebbe neppure stato bisogno. Da almeno due soglie si udivano distintamente dei rumori, anche se la kunoichi non avrebbe saputo riconoscerne l'origine. Sembrava che in fondo non fosse poi così sola la sotto, ma non ne era esattamente felice. Dietro ad un'altra anta invece sembrava regnare il silenzio. L'ultima, che le ricordava una cella frigorifera dalla forma, ma con una peculiare fessura a farle dubitare della sua reale funzione, appariva altrettanto tranquilla, ma quando fece per girare la maniglia il suo corpo non si mosse. Ci mise un paio di istanti a realizzare che quella che l'aveva bloccata era la paura di fare la scelta sbagliata. Mosse la testa ad osservare le diverse opzioni. Qualsiasi cosa si trovasse in quel luogo, Harumi era ragionevolmente sicura di non volerla incontrare, visti i precedenti. La porta isolante, poi, sembrava sospetta sotto qualsiasi punto di vista la si osservasse. Se c'era un passaggio, difficile che passasse attraverso quella. A meno che, certo, non conducesse verso un posto ancora più pericoloso. Qualsiasi persona sensata avrebbe scelto l'unica porta relativamente sicura. Ma se c'era una cosa che la kunoichi aveva imparato sulla propria pelle era di non dare mai nulla per scontato, specialmente ad Oto. Sola davanti ad una decisione che poteva segnare la sua sorte, girò infine la maniglia della porta frigorifera, aprendo uno spiraglio appena sufficiente per osservare al suo interno, pregando che i kami avessero pietà, per una volta, di lei.

    o6TaHv0



    Chakra: 48/50
    Vitalità: 14/14
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 400
    Velocità: 400
    Resistenza: 400
    Riflessi: 400
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 400
    Agilità: 400
    Intuito: 400
    Precisione: 400
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: Tecnica dell'Occultamento
    2: ///
    Note
    Spero di non aver ecceduto nella libertà della descrizione, nel caso edito.

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